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Daniele Dell’Agnola. Topi, ebrei: la parola di Benito
Un manifesto della
Un manifesto della 'campagna' esposto a Locarno 
29 Settembre 2010
 

E se sostituissimo i topi ritratti nel manifesto “bala i ratt”, che copre gli spazi pubblicitari di un “Ticino libero e pulito”, con la caricatura di un ebreo banchiere con il naso grosso e ricurvo? “Meditate che questo è stato”, scrisse Primo Levi.

 

E se, rispettando lo stesso principio politico, chiudessimo l’autostrada, la frontiera, impedendo il passaggio delle genti e delle merci? Potremmo passare le domeniche in pattini a rotelle, su e giù per la Leventina. E tutti i ticinesi sarebbero atleticamente preparati in vista dell’iron man.

Liberi, puliti e allenati.

 

E se dichiarassimo guerra fredda all’Italia, alla Germania, ai lavoratori polacchi e all’Austria e…? E se chiudessimo il cantiere di Alptransit, ormai a 30 metri dall’ultimo diaframma, invitando gli operai a rientrare nel loro Paese?

 

E se iniziassimo a definire chi veramente è svizzero, stilando delle classificazioni di purezza etnica, con tanto di albero genealogico? Sappiamo bene che taluni cognomi possono vantare una svizzerità e quindi una dignità etnica da almeno seimila anni. Si fa per dire. E se concedessimo, a queste nobili famiglie soltanto, dei privilegi lavorativi, educativi e formativi, denigrando i “topi” ad altri “lidi”?

 

Davvero, questi atteggiamenti non ci fanno paura?

 

Davvero, il concetto di autarchia, cioè di autosufficienza e di indipendenza, è credibile in Svizzera, a livello economico, commerciale, turistico, culturale?

 

Camerati agricoltori!” tuonò Benito Mussolini il 2 gennaio 1940, nel suo discorso “Ai veliti della battaglia del grano”. Disse: «Il raccolto granario del 1939, pur non avendo raggiunto i massimi dei due precedenti, si aggira sugli ottanta milioni di quintali e deve quindi considerarsi più che soddisfacente. […] Avremo un quarto raccolto conforme alle nostre speranze? Nei tempi piuttosto burrascosi che il genere umano attraversa, questo interrogativo ha un’importanza veramente speciale. […] Un raccolto deficitario può equivalere a una battaglia perduta». Ma la parte più importante è quella che vede Mussolini argomentare in favore della chiusura effettiva degli scambi commerciali tra l’Italia e l’estero. Si immagini di sentire la voce del duce, di vederlo agitato e teatrale: «Supponete ora, o camerati, che quest’anno noi avessimo dovuto importare trenta milioni di quintali di grani, come avvenne nel 1924, e domandate ai superstiti teorizzatori liberaloidi, se qualche esemplare di detta fauna si trova ancora, come si sarebbe potuta evitare un anno di autentica carestia. […] Quello alimentare fu il primo settore della battaglia autarchica, che oggi investe tutta l’economia della nazione, ed è quasi superfluo ripetere che tale battaglia sarà continuata con quella dura energia della quale abbiamo dato ripetute prove in pace e il guerra, allo scopo di dare, insieme col pane, buone armi al popolo italiano». [B. MUSSOLINI, Opera omnia, vol. 35, La Fenice, Firenze 1959-1972.]

 

La violenza presente in questo discorso e, in generale, nel modo di interpretare i problemi, ha scatenato una guerra mondiale. C’è ancora, nel nostro Ticino, qualche pazzo che ritiene la guerra utile perché purificatrice? Esca allo scoperto: l’anonimato è una vigliaccheria di moda, tra l’altro, soprattutto nei commenti pubblicati in rete.

 

Un conto è amare la tradizioni e la cultura di un paese, altra cosa è sconfinare nella denigrazione, nell’insulto. Non è democratico. Non è svizzero.

 

Daniele Dell’Agnola

 

 

Qui il video anti lavoratori italiani, paragonati a topi che mangiano il formaggio svizzero...


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