Sono le due di sera nel Dipartimento Immigrazione ed Estero (DIE) di calle 17, tra J e K. Decine di persone attendono un permesso di uscita dal paese, l’autorizzazione a viaggiare che hanno deciso di chiamare “carta bianca”, anche se sarebbe meglio definirla “il salvacondotto”, “la carta di libertà” o “l’ordine di scarcerazione”. Le pareti sono screpolate e spicca un avviso che recita “attenzione, pericolo di crollo” accanto all’enorme casa de El Vedado. Alcune donne - che non sono più capaci di sorridere e di mostrarsi amabili - vestono uniformi militari e avvisano il pubblico che deve attendere disciplinatamente. Di tanto in tanto gridano un nome e la persona convocata ritorna alcuni minuti dopo mostrando un’espressione soddisfatta o una smorfia di disgusto.
Finalmente mi chiamano per annunciarmi l’ottavo divieto di viaggiare in appena tre anni. Specialisti nel privarci di quel che potremmo vivere, sperimentare e conoscere fuori dalle nostre frontiere, i funzionari del DIE mi comunicano che “per il momento non sono autorizzata a viaggiare”. Con un breve no - detto quasi con gusto - ho perso la possibilità di recarmi al sessantesimo anniversario dell’Istituto della Stampa Internazionale e alla presentazione di Internet per il Nobel della Pace a New York. Un timbro sulla mia pratica e sono stata costretta a parlare per via telefonica durante le attività di Torino Capitale Europea dei Giovani, e a comunicare con la Casa Editrice Brûlé per il lancio di Cuba libre a Montreal in mia assenza. L’assurdo migratorio si è interposto anche tra i miei occhi e gli scaffali della Fiera del Libro di Francoforte, tra le mie mani e la compilazione di testi che vedranno la luce al Festival della Letteratura di non fiction in Polonia. Non andrò alla Fiera del Giornalismo di Ferrara né alla presentazione del documentario a Jequié, in Brasile; meno che mai potrò partecipare al Congresso delle Donne alla Guida del Millennio, con sede a Valencia, e neppure a Cuneo, per l’evento Scrittori in Città. La mia voce non si farà sentire nel LASA, da dove hanno inviato una rappresentazione ufficiale, e dovrò godermi da lontano l’uscita del mio libro Gestione Sviluppo dei Contenuti con WordPress.
Tutto questo e anche altre cose mi hanno fatto infuriare. Malgrado ciò, mi lasciano - come se fosse un castigo - insieme alla materia prima fondamentale che produce i miei scritti, a contatto con una realtà dalla quale non potrei mai stare lontana.
Yoani Sánchez
Traduzione di Gordiano Lupi
Nota del traduttore:
Yoani ha partecipato all’evento “Torino capitale dei giovani@, perché il 18 settembre è stata da me intervistata telefonicamente sui Murazzi del Po, in diretta da Cuba. Potete leggere il contenuto dell’intervista sulla rivista Tellusfolio, che tre anni fa ha fatto conoscere per prima la blogger in Italia. A Cuneo Scrittori in Città - venerdì 19 novembre - sarò io a rappresentarla, parlando della sua opera in favore della libertà di stampa nelle scuole della città. Nel frattempo, il 25 settembre ho illustrato la figura della blogger agli studenti del Liceo Leonardo di Milano e il 2 ottobre farò la stessa cosa nelle scuole superiori di Pontedera (PI).
Il Twitter di Yoani esprime tutta la rabbia della blogger per il nuovo rifiuto governativo che la condanna a non poter uscire dall’Isola. Ho tradotto alcuni messaggi, scelti tra i più significativi.
Mi hanno negato il permesso di uscita per l’ottava volta in meno di tre anni. Non potrò viaggiare. Addio a tutti gli eventi ai quali avrei dovuto partecipare.
I “cambiamenti” sono pure fanfaronate. Niente è cambiato, noi cittadini continuiamo a non avere nessun diritto. Che tristezza!
Non esistono argomenti per giustificare l’obbrobrioso permesso di uscita! Si tratta di una barbarie assolutista. Protestiamo su Twitter contro questa imposizione.
Se qualcuno conosce un sistema di teletrasporto me lo comunichi. Ne ho proprio bisogno!
Il posto dove devo stare è Cuba. Condannandomi all’immobilità insulare fanno sì che mi concentri ancora di più sui problemi di questa Isola.
Mi diano un motivo, una spiegazione, un argomento a sostegno del fatto che non possiamo entrare e uscire liberamente dal nostro paese. Permesso di uscita, carta bianca, carta d’imbarco, autorizzazione di viaggio… sinonimi di gabbie nella Cuba contemporanea.
Ogni giorno in più che venga mantenuto il permesso di uscita dovrà pesare sula loro coscienza come un assassinio, perché uccidono la libertà di movimento.
Milioni di persone nel mondo possono entrare e uscire liberamente dal loro paese: nessuno è cubano.
Siamo tutti in attesa di quel che accadrà domani in Venezuela. Il nostro immediato futuro è strettamente collegato al risultato delle urne.
Si nota nervosismo nel governo cubano, perché perdere il cordone ombelicale con Caracas farebbe temere una crisi peggiore che la caduta dell’URSS.