Lavorare per lo stato è un supplizio. Il salario non serve a niente, la produttività è inesistente, la contabilità caotica, inoltre si devono sopportare le abuliche riunioni di un sindacato che rappresenta tutti meno che i lavoratori. Malgrado ciò, questi ultimi hanno affrontato tutti questi problemi con stoicismo e hanno sopportato anni di statalismo nei loro posti di lavoro. Non è il masochismo a tenere vincolati i lavoratori alla burocrazia statale, ma la poca fede che un cambiamento in senso privato durerà abbastanza da farli invecchiare.
Non è la prima volta che il governo decide - con la corda al collo - di consentire l’iniziativa cittadina per sostenere l’economia nazionale. Abbiamo già visto negli anni Novanta sorgere piccoli ristoranti familiari, case da affittare, trasporti privati, rivendite di cibo e di oggetti per la casa. Oggi non resta quasi niente di quella esplosione di lavoratori per conto proprio. Il problema è: per quanto tempo si potrà tenere aperto un negozio?
Tirare su un piccolo ristorante, affittare una stanza o vendere pizze non può essere un cambiamento di breve durata. La gente vuole vedere il frutto del suo impegno, ma un burocrate che un giorno bussa alla porta e si porta via tutti i permessi è un evento accaduto spesso nella storia della rivoluzione. Una mia amica ha gestito un piccolo ristorante per anni abbastanza popolare, ma una sera è arrivato un ispettore e si è portato via i documenti per “verificarli”. Ancora oggi attende che le vengano restituiti. Non ha potuto più aprire la porta del suo ristorante. Non ha ricevuto nessuna spiegazione. Non ha commesso nessun delitto.
Claudia Cadelo
(da Octavo Cerco, 20 settembre 2010)
Traduzione di Gordiano Lupi