Forza, coraggioso Seveso! Forza.
Impattònom Milan, sfondomel sott!
Chiama il vecchio Olona, l’agonizzante Lambro, il timido Redefossi. Risveglia i fantasmi degli aristocratici Navigli della cerchia e dell’umile Nirone. E insieme, allagate tutto.
Fate tonin di cà de Milan noeuv.
Andate sull’onda della merda che monta e distruggete questa Milano di badee che voeuren fà de sapienton.
Forza, Seveso liberatore. Unisciti con la Martesana vicino alla cascina dell’antica famiglia Pomi, insieme brindate all’impresa con lo spirito del Carlìn, e poi risalite impetuosi, come una volta, via Melchiorre Gioia spazzando via le brutte case anni ’50 e ’60, ma soprattutto il nuovo palazzo della Regione (e il suo eliporto), simbolo solo di se stesso e di quelli che vorrebbero frequentarlo: imprenditori corruttibili, dirigenti fedeli alla linea e schiavisti, politici appaltatori che hanno seccato le balle con le loro innumerevoli apparizioni televisive a fianco di stilisti-lampadina o povere vecchiette adoranti ma inconsapevoli.
Quindi, proseguite verso l’Isola, togliendo alle sue storiche case di Resistenza la disgustante vista di quegli scheletri che hanno innalzato negli ultimi anni, grattacieli babilonesi annunciatori della morte di una civiltà.
La tua civiltà, Milano.
E qui, fiumi e canali miei, dividetevi: che qualcuno di voi travolga senza rimedio corso Como, i suoi locali e quelli che ci vanno. Fate bere la Milano da bere, ma così tanto che quelle spaventose facce lì non si vedano più in giro per la città. Mai più. Al che, trasformatevi in tsunami, e nel dirigervi verso i cugini Navigli del sud per uno storico riabbraccio, radete al suolo tutto quello che non conoscete, quei palazzi del dopoguerra che sono diventati santuari della finanza e della malapolitica, uffici della ‘ndrangheta (ma come parlano, ‘sti terroni?), salotti borghesi o radical chic con simpatie a sinistra (sì, pure quelli, tanto sono decenni che non partoriscono un’idea decente). Distruggete senza pietà tutta la zona 1, in modo che chi la abiti si ritrovi senza casa, senza banca, senza suv, con pure il De Chirico che aveva sulle pareti irrimediabilmente danneggiato. Impoveriteli fino alla cintola, e anche più in basso.
Altre acque, invece, puntino verso il Monumentale. E poi oltre, fino a Musocco. A risvegliare bruscamente i vecchi milanesi che vi giacciono. Destateli dal loro sonno, e mostrategli el nost Milan che l’è on castell che ruina. Il lugubre cemento che copre tutto, le strade lerce, le piante moribonde e i minigiardini sponsorizzati, le invadenti auto inquinanti in tripla fila, gli orrendi palazzi del “geometra ignoto” o quelli moderni delle archistar vecchie e nuove, intoccabili ma maledette per sempre. Fate respirare loro quest’aria da tumore.
Che sciamino, i nostri antenati, da Musocco, da Lambrate, dal cimitero di Bruzzano, verso la città dove hanno lavorato e amato. Verso la loro Milano. Per ritornare nei luoghi dove hanno vissuto e chiedere conto ai milanesi di oggi, maestri del “chissenefregatantoèlostesso”, del “nessunomivede” e del “checipossofare?”, del perché abbiano permesso che la città si riducesse così.
Qualche schiaffone, da parte dei noster vecc, ci scapperà senz’altro. E pure qualche bel calcio in culo ben assestato. Prendiamoli, e stiamo zitti. Di certo, ci farà bene. Magari, finalmente, ci sveglierà. Perché, se non ci impegniamo per combattere questo sfacelo, siamo tutti responsabili. Siamo tutti complici.
Mauro Raimondi
Citazioni in corsivo:
1 Tessa 2 De Marchi 3 Tessa 4 Manzoni 5 Porta 6 Bertolazzi