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Senatori. Pannella, ragione giuridica, ragione procedurale, ragione sistemica e natura tendenzialmente antropoemica dell’oligarchia
07 Giugno 2006
 

Confesso di aver vissuto la storia della (per ora) mancata elezione degli otto senatori senza particolare trasporto emotivo ma con la sensazione, nitida, a volte euforizzante, di essere stato ed essere tuttora spettatore di una clamorosa svolta nel dibattito giuridico e filosofico sulla post-modernità.

Nella (fondata) pretesa della Rosa nel pugno di vedere nei banchi del senato alcuni suoi rappresentanti si coniugano, caso davvero non frequente per non dire raro, perfettamente sovrapponibili, ragione giuridica e ragione procedurale. Poche volte l’esperienza giuridica ha avuto a che fare con una situazione di simbiosi tra forma e sostanza così centrata (l’ultima, in verità molto recente, è quella del “caso Sofri” sul diritto di grazia del Presidente della Repubblica). E così, annientata la pretesa contrapposizione tra ragione giuridica o procedurale, nel senso di Luhmann, volatilizzata la negazione che quest’ultima dovrebbe/potrebbe esercitare sulla prima in virtù di una natura “selettiva” e intollerante, lo spazio per l’affermazione del diritto dovrebbe essere anche più vasto. C’è il vitale richiamo all’ermeneutica bettiana, alle regole base del “corretto interpretare” e anche l’applicazione minima e minimale della teoria generale del diritto nel senso di Scarpelli e Carcaterra che inducono a pensare, a pensare “con certezza”, che una norma di tipo secondario come quella espressa dall’articolo di legge concernente l’elezione dei senatori non possa appunto essere sottoposto ad alcun procedimento di analogia. Ciò rafforza in maniera definitiva la pretesa della RNP. Quei senatori sono un diritto, una pretesa.

È d’obbligo, allora, lamentare sul punto l’assenza di una presa di posizione da parte dei giuristi davvero ferma e pubblica, anche e solo su un piano esclusivamente teorico, evidente notare l‘atteggiamento dei giuristi, che si sono esposti (con, appunto, degli esposti), disarmati da una situazione disarmante e disarmante proprio perché evidente nel suo essere costitutiva di un diritto sacrosanto.

Rimane il sospetto, per molti una certezza, che il mancato riconoscimento del diritto all’elezione dei senatori, felice connubio tra ragione giuridica e ragione procedurale sia dovuto al prevalere di una ragione, in tal senso, più “resettante” e potente delle prime nominate: la ragione sistemica. La ragione sistemica funzione, più o meno, come il programma di un computer: ha già in memoria cosa può accettare, accogliere e, soprattutto, ciò che deve assolutamente rifiutare. “Sembra” sia lo schema selettivo tipico delle oligarchie, in questo senso, però, quest’ultime dotate di un strumento funzionale più potente: L’oligarchia ha natura tendenzialmente antropoemica (letteralmente: consorzio sociale che vomita le persone) ha un potere, diremo identificativo delle persone e contestualmente antropoemico nel caso in cui queste persone non rientrino nel “programma” predefinito del sistema. L’oligarchia “vomita” le persone perché “disturbanti” il programma. In questo senso, ma è solo una suggestione, mi viene in mente l’immagine di Marco Pannella nei loggioni del senato, durante le fasi d’elezione del Presidente, reclamare il diritto/pretesa ai senatori. Pannella che viene allontanato. Scacciato. A me è sembrato: antropoemizzato.


Salvatore Ferraro

(da Notizie radicali, 07/06/2006)


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