Hechizamiento habanémico hebdomadario
Stregoneria avanemica settimanale
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Sono nata nel 1984, anno del vaticinio orwelliano, in un appartamento di Hija de Galicia, a Luyanó, un quartiere del Municipio 10 de Octubre, Ciudad de La Habana, in una casa antica che cade a pezzi, la sola cosa che la mia nonna materna ha ereditato dal marito. Non so per quale motivo mia madre, giovane intellettuale socialista, mi mise un nome così orribile e vuoto e perché mio padre, genio sprecato nella bottiglia, glielo permise: Lianelis e come se non bastasse Victoria, su richiesta di una zia ottusa di Cabaiguán, che ho conosciuto solo grazie a vecchie foto, lettere sporadiche ed eredità premature. Villares era il mio cognome, ma dovevo aggiungere sempre Plasencia, perché se non scrivevo il mio secondo cognome la mamma si offendeva profondamente. Mia madre è cresciuta accanto a donne di servizio e cuoche insieme ai suoi due fratelli. Mia nonna seguiva la corrente imposta dalla Rivoluzione ed era la più attiva componente del CDR di quartiere. In casa abbiamo ancora le medaglie ricordo per le delazioni e le spiate che il nostro governo premia e insegna a compiere sin dai tempi dell’asilo. Mia madre si è mantenuta fedele per molti anni ai principi del marxismo-leninismo socialista imperante a Cuba, non ho mia conosciuto una persona così ingenuamente idealista. Ma con il tempo si è resa conto degli errori del sistema e con intelligenza ha modificato il suo pensiero. Adesso sono poche le cose che non capisce al volo e sta alla larga da manipolazioni occulte, giornalisti culturali e critici cinematografici. Mio padre, pure lui giornalista, è stato un pittore precoce, scrittore, poeta e artigiano, ma purtroppo era alcolizzato e il suo genio si è perduto nella bottiglia. Figlio dell’importante editore del famoso Diario de La Marina, è cresciuto nell’ambiente dell’Opera nel Gran Teatro dell’Avana e del vecchio Auditorium della Calzada y D. Mia nonna paterna ha impartito lezioni di piano quando era giovane. Forse per questo motivo, strano ed empirico, la mia strada era segnata dalla musica, anche se non è diventata la mia professione. In ogni caso quando studiavo al Quarto grado (9 anni) sono entrata nel Conservatorio del Vedado e ho frequentato un corso di livello elementare che mi ha preparato a iscrivermi al Quinto grado. Ho studiato chitarra per quattro anni e nel 2003 mi sono diplomata al Conservatorio Amadeo Roldán, senza infamia e senza lode. Ho studiato arte al preuniversitario e ho seguito un corso di tecniche narrative alla Casa della Cultura di Centro Avana, dove insegnava il giovane scrittore Jorge Alberto Aguiar Díaz. A lui devo i miei primi scarabocchi leggermente più seri e i miei primi racconti di una certa consistenza. Ho seguito i corsi di scrittura creativa di Enrique Labrador Ruiz e Carvert Cassey, mi sono iscritta all’Istituto Superiore di Arte - ancora una volta in maniera molto azzardata - nella specialità Composizione, dopo aver perso due anni senza sapere cosa fare, impiegandomi in un servizio sociale nell’impresa fraudolenta Adolfo Guzmán. Ho abbandonato l’ISA a metà del secondo anno, delusa dalla scarsezza dei professori e dalla mediocrità degli insegnamenti. Ho seguito un corso di sceneggiatura preso l’ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográfica), ho partecipato a un concorso del Centro di Formazione Letteraria “Onelio Jorge Cardoso”, dove ho sofferto la grande delusione di veder formare scrittori al realismo socialista, come se fossero soldati della patria disposti a difesa di trincee ideologiche. Tutto questo faceva parte di un progetto del nostro amato Coma Andante. Per me era importante guadagnare una menzione che valeva 100 CUC (“pesos liberamente convertibili”, moneta inventata simile al dollaro durante la piena disfatta del regime cubano), pagabili a vista al portatore. Nel 2007 ho vinto anche un concorso organizzato da La Gaceta de Cuba, questa volta erano 3.000 pesos in moneta nazionale, in rate mensili, gravate da un’imposta di quasi 400. Come ha detto Thomas Bernhard devo ammettere che vincere un premio è come farsi cacare in testa. Fino a questo punto è giunta la mia carriera letteraria. Corsi di fotografia di qua e di là e qualche sporadica esposizione. Senza la fotografia non potrei vivere. Devo riconoscerlo. Non possiedo una macchina fotografica professionale, ma non potrei vivere senza scattare foto.
Ho conosciuto Yoani grazie a un comune amico che mi ha portato a casa sua quando nessuno avrebbe immaginato il successo di un blog scritto da una semplice cubana che raccontava ciò che le accadeva intorno. Cuba è una terra piena di umorismo sarcastico, magico e surrealista, quindi se racconti la realtà quotidiana non puoi evitare di attirare l’attenzione. Lo stile di Yoani è così essenziale che la tristezza si fonde con sprazzi di ottimismo, pure se i suoi testi contengono dure critiche al sistema. Sono molto contenta di conoscerla e di potermi considerare sua amica, in una città dove non è facile incontrare persone genuine e trasparenti. Qui tutti cercano di farla franca e di sfuggire alle leggi deliranti che ci impone il governo. Il senso che può avere la parola rivoluzionario per un cubano è ben diverso dall’originale e oggi significa: nessun cambiamento. Per questo non ho capito Pablo Milanés quando si è proclamato ogni giorno più rivoluzionario, devo supporre che anche gli artisti diventano matti.
Non pensavo di diventare blogger. Avevo un sito nel Myspace, un piccolo spazio che offriva produzioni artistiche in cerca di possibili acquirenti nel mondo. Facevo più o meno le stesse cose che faccio in hechizamiento, molto più caotico ma sempre con la poca serietà e l’irriverenza che mi caratterizza. Non pensavo proprio di creare un blog, perché presuppone una periodicità e soprattutto richiede una connessione fissa e certa, cosa quasi impossibile a Cuba. Lavoro dove posso e quando posso. Internet a Cuba non è del tutto proibito, ma i programmi educativi invitano la popolazione a diffidare della rete e in ogni caso risulta è inaccessibile per la maggior parte dei giovani, vista l’impossibilità di connettersi facilmente. La tariffa di connessione da un punto Etecsa o da un hotel è molto alta ed è inaccessibile per chi può contare soltanto su uno stipendio statale. Aprire uno spazio internet illegale e una casella postale costa quanto affittare una stanza in un luogo centrale della città… Inoltre la velocità di connessione è pessima, non ti permette di caricare un piccolo video e foto, neppure di navigare con la comodità richiesta a chi vuole gestire un blog. Mi collego alla velocità di 7 kilobytes al secondo - il colmo del ridicolo, perché la norma sarebbe tra i 48 e 50 kilobytes al secondo - senza banda larga, con un server poco protetto a livello di privacy delle informazioni perosnali. In un hotel le cose vanno meglio, ma costa molto caro, 8 CUC l’ora, l’equivalente di un salario minimo mensile di un operaio. Quando dici alla gente che stai costruendo un blog ti guardano esterrefatti, per le difficoltà reali che presuppone la connessione, per la lentezza di una connessione clandestina e per i rischi collegati alla manifestazione indipendente e spontanea del proprio pensiero.
Non mi propongo molto, a dire il vero, con Habanemia. Si tratta di un blog molto personale, quasi intimo, forse più un diario-collage che un esperimento di giornalismo. In ogni caso il mio blog vuole essere una documentazione, approssimativa e parziale, dal mio particolare angolo di osservazione, del mio tempo, delle mie attività, dei miei desideri, dei miei testi, creature deformi di scrittura, che mi piace chiamare scaramucce letterarie, delle mie foto, della vita giovanile - vicina ai miei interessi, chiaro - che sopravvivono in questa habanemia, città anemica e scolorita, inospitale e surrealista.
Al principio ho voluto rendere omaggio al grandissimo Lezama Lima, ma dopo il blog si è trasformato in un’altra cosa, anche se penso che continuerò a citarlo più che posso. Si tratta di un piccolo spazio aperto al cambiamento e lo sarà sempre, non sarà mai terminato e corretto e prenderà forme diverse come ogni creatura variabile e voluttuosa. È pensato per testimoniare lo spirito della gioventù avanera “disaffezionata” e anemica, anche se “stregata” dalle sue attitudini artistiche e desideri di creare per resistere. Per forza deve essere uno spazio libero che si proclama autonomo e non inquadrato né ordinato e ancor meno pretenzioso. Penso di includere nel blog tutte quelle persone amiche discriminate e maltrattate dalla società e dall’autorità arbitraria, ma sempre espresse dalla mia voce che ha dovuto sopportare una vita intera senza libertà di espressione. Fino a oggi l’ho pubblicato su blogspot. Non sono stata bloccata come il portale di Yoani e altri siti più “sovversivi” schierati contro il regime castrista, nessuno mi ha detto “di fare attenzione”, fino a questo momento, ma questa può essere la mia nota suicida, la mia condanna a essere zittita rapidamente. Una volta ho ricevuto una citazione, ma siccome mi è arrivata in pessime condizioni, scritta male e in ritardo, ho deciso di ignorarla, sebbene la curiosità mi spingesse ad andare alla stazione di polizia per farmi intervistare dall’ufficiale in questione. Come “dissidente” o “sovversiva” potrei manifestare la mia “pericolosità sociale”, per la quale molti innocenti stanno scontando condanne, dalla quale si è salvato un po’ di tempo fa il povero Gorki, quindi meglio fare a meno delle parole scabrose. Ho il mio bravo agente “Alexis” incaricato di sorvegliarmi, per aver gridato Abbasso Fidel camminando lungo calle G e per aver portato una “scarpetta dissidente”, creazione di Lía, non prevista né ammessa dagli agenti del Ministero degli Interni che circolano in abiti borghesi per le strade cittadine, confusi con il resto dei mortali, pochi se paragonati al gran numero di poliziotti e militari che popolano le nostre strade. Ma fino a oggi non è accaduto niente che possa davvero preoccuparmi. La paura non può rendere inattivi, anzi deve essere il motore che spinge a lanciare un grido di resistenza, come tenere in vita questo blog.
Hechizamiento habanémico è uno spazio efficace e caotico a disposizione di quella diaspora o minoranza di persone che vive in questa città assediata e rumorosa. Non può essere un settimanale in senso stretto perché vede la luce ogni volta che posso accedere alle costose e precarie connessioni Internet cubane. Il mio blog non è politico, non è simile a quello di Yoani, né a molti altri della cosiddetta blogosfera cubana, certo, è politico come ogni cosa è politica nella nostra vita, ma di fatto io stessa mi considero apolitica, anche se non voglio essere giudicata amorale… Quel che mi fa uscire dai gangheri è che alcuni vecchie cariatidi dirigano il nostro paese in maniera così spettacolarmente negativa e sfacciatamente dimostrata.
Il nostro è un paese strano, dove la televisione avverte i cittadini che non devono fidarsi di Internet perché comunica notizie false e non verificabili. Viviamo in un paese e in una città di matti che delirano, non c’è rimedio, qui ci tocca stare e vivere buona parte delle nostre vite come pecore di un unico e indivisibile gregge.
Il computer che ha creato la quasi totalità del mio Hechizamiento è un portatile P2 con Windows XP - ancora vivo! - molto lento e con solo 6 GB di spazio su disco fisso. A volte, quando non posso fare altrimenti perché non ho soldi, ricorro ad amici per accedere al blog, ma non dico chi sono né come faccio per evitare contromisure. Non è facile accedere a Blogger perché la maggior parte dei navigatori Google e Yahoo sono bloccati dal server, inoltre servirebbe una velocità di navigazione superiore ai 46 kilobytes e infine corro il rischio di vedermi controllare i dati personali. Certo, consoliamoci con il fatto che ci sono posti peggiori nel mondo, come la Corea del Nord, pure se anche nelle nostre strade, nelle case e nelle famiglie, la paura regna sovrana. Vado avanti così e non mi faccio troppe paranoie, anche perché sono giovane. Habanemia non vuol essere un blog giornalistico, né politico in senso stretto, anche se come sappiamo tutto è politico. Ogni giorno nascono nuovi blog in ogni parte di Cuba e del mondo, dimostrando che è possibile ribellarsi agli arbitri del potere. Hechizamiento vuole essere il riflesso di intere generazioni di cubani senza prospettive e senza speranze, un pallido tentativo di dare voce a persone che vivono la storia irreale di un paese senza storia.
Lía Villares
(da hechizamiento... - 5 agosto 2009)
Traduzione di Gordiano Lupi