All’età di quarant’anni ho capito che la comunità internazionale non ha bisogno di vedere la triste rovina che è oggi Cuba, grazie all’inefficienza di un sistema di governo che ha promosso l’odio, l’intolleranza e la malvagità senza limiti, anche se il peggio di questa storia affonda le sue radici nel gesto di incolpare supposti nemici interni ed esterni da parte dei principali responsabili, quelli che si trovano al potere da oltre cinquant’anni, che, usufruendo dell’ostentazione e dell’impunità, fomentando la divisione e l’indifferenza, hanno svolto il perfetto ruolo di Ponzio Pilato lavandosi le mani di fronte a ogni fallimento. Le notizie meno importanti del Paese, riflesse dal potere mediatico hanno incredibilmente a che fare con il Comandante in Capo, appellandosi al suo smisurato ego, adesso è il nuovo messia dell’apocalisse, ciò che non sa o che non vuole sapere Fidel Castro è che a questo punto del gioco nessuno gli fa minimamente caso; neanche i suoi imitatori più fedeli.
L’isola attraversa una crisi totale, non si tratta solo di un problema economico, politico e sociale, ci sono fattori che possono scatenare e rompere le catene a un carcere di streghe, non è un segreto che i sistemi totalitari in fase terminale commettano errori irrimediabili per le famiglie, ed è responsabilità di tutti i cubani evitare una catastrofe di simile portata, principalmente per il bene di quelli che vivono nel paese. Non fermando il disastro corriamo il rischio che i nostri figli, i nostri nipoti e altri discendenti non possano perdonare, ripeto, ancora una volta: è ora di mettere tutti i nostri interessi in funzione di Cuba e non Cuba in funzione dei nostri interessi.
Pablo Pacheco Avila
(da Voces tras las rejas, 16 agosto 2010)
Traduzione di Francesca Desogus
desogus.francesca@tiscali.it