La Metropolitana fa due giri e mezzo intorno alla Terra ogni mese.
Nelle stazioni di collegamento
ho visto la cifra più vicina possibile al mezzo mondo,
ho visto persone come animali spaventati dagli uomini
camminare con cautela in mezzo a un rumore di cui nessuno sa il motivo.
La maggioranza degli umani che percorre marciapiedi e corridoi
ha il passo di chi si avvicina alla fonte della salvezza.
Il poeta ha percorso le 10 linee della Metropolitana,
oltre 130 stazioni,
alla ricerca di un liquido che affretta le alchimie, o forse
del petrolio bollente che ristagna sotto le gonne delle donne.
Ci sono anche i venditori,
il cui languore si percepisce soprattutto nel lucido delle loro scarpe,
“se lo porta via con un peso!”,
o con tre, quattro, dieci pesos, propongono
surrettiziamente a voce spiegata
taccuini penne agende riviste arretrate compact disc
rossetto lampade creme per la pelle libri di grammatica
tisane per ringiovanire.
Con le loro grida
sono i venditori che aumentano il torpore sotterraneo.
Ci sono anche i ciechi
che suonano chitarre, fisarmoniche
cantano,
trascinano uno verso l’altro
un vaso, i ciechi e le cieche
che quasi nessuno vede
che quasi nessuno guarda
che dicono “grazie” come se lo dicessero all’oblio
quando il suono di una moneta cade nel vaso
(non sarà forse il cuore il posto dove risuona?).
Vergine di Guadalupe.
Ci sono i bambini rachitici
che
a grappoli simili a semi carbonizzati
trascinano i loro strumenti
cantano
con le loro vocine di mais riseccato
una canzone le cui parole non saprebbero tradurre.
I nanetti
con chitarre
maracas
fanno musichette
in cambio di monete
capaci di riempire le loro modeste pance (che
sebbene debbano essere piccole, sapranno
ululare come qualsiasi pancia deserta).
La Metropolitana viaggia come un insetto elettrico.
Donne che si truccano sotto terra.
Una donna bionda sbadiglia mostrando l’ugola
che risplende come una certa scintilla seduttrice.
Un uomo vestito con eleganza
si liscia più volte la cravatta
come se il destino di tutti i presenti dipendesse da questa azione.
Scorrono le facciate dei vagoni adornate di annunci
dove uno si propone come Senatore
dove uno deve apprendere l’inglese
dove uno deve consumare una nuova formula di dentifricio
dove uno deve leggere l’ultimo libro autodidattico
dove uno può diventare milionario dalla mattina alla sera.
Viaggia la Metropolitana come un insetto elettrico.
È un insetto elettrico.
Migliaia di donne appaiono trasandate
ma
molte di loro
sfoggiano un trucco come nelle copertine delle riviste di moda,
migliaia devono avere il ciclo mestruale
e l’odore delle loro secrezioni
aggiunge un tono speranzosamente rossiccio all’olfatto.
Tra veemente e furioso
un uomo declama un grido che sembra quasi una poesia
che bombarda la disoccupazione, aggiunge
il nome di quattro figli che proprio in questo momento stanno aspettando
il padre con i beccucci aperti, avvicinandosi alla morte.
Passa un travestito del terzo mondo, ne passa un altro, un altro ancora
- malinconici, rozzi -,
che a voce spiegata si dichiarano innocenti di portare l’aids nel sangue...
“chiediamo qualche moneta, per favore, non siamo colpevoli, a chiunque serve, non ci disprezzate, il disprezzo del Governo è sufficiente”.
La Metropolitana viaggia come un insetto elettrico.
La Metropolitana è un insetto elettrico.
Vergine di Guadalupe.
Il caldo, o meglio un certo vapore,
incendia i cattivi odori,
trasforma
in stufa il vagone.
Un uomo muto passa mettendo bigliettini in grembo ai passeggeri,
dicono i bigliettini che lui è muto, bisognoso di denaro, non sa
neppure come comprare la corda per impiccarsi.
Entra il molestatore nel vagone strapieno, individua il suo obiettivo:
una ragazza mora, innocente e fragile come l’acqua,
la avvicina il molestatore: le pone la bacchetta tra le natiche, alla mora
fragile - che niente può fare: è schiacciata nel nucleo di un pianeta -,
solo, forse, mettere i gomiti contro le costole del rivale, che così
sembra godere di più: mostra evidente lascivia il suo sguardo che si perde
nel tetto della stufa (mentre nessuno sembra guardare, nessuno sembra vedere, nessuno guarda, nessuno vede, tutti guardano, tutti vedono, nessuno fa niente).
Una signora grassa e bianca si è addormentata, la vita esce fuori dalle fessure delle sue labbra, la sua borsa oscilla a sinistra, ma lei, nel suo
sogno, l’afferra come il naufrago la sua tavola.
Salgono, scendono oceani a ogni stazione dell’insetto elettrico.
Ogni dieci oceani che scendono e che salgono, nove, Vergine di Guadalupe,
vestono di azzurro e grigio, è
come una chiazza incessante, una cecità.
Subito
un uomo esclama che gli hanno portato via il portafoglio,
figlio di puttana, grida,
accade da quattro anni, quattro stazioni prima, stride una voce
uscita da qualche parte:
credo che fosse un tipo con un cappello tipico del nord e con i baffi,
“persino un arcivescovo capirebbe che è un borsaiolo”.
Il poeta, disperatamente, comincia a cercare con lo sguardo una lacrima,
deve esserci una lacrima
nel pavimento,
in qualche borsa
in qualche camicia
in qualche seno
in qualche corrimano
in qualche occhio,
il poeta
è sicuro che solo una lacrima può dargli la forza di arrivare alla fine del viaggio.
Nella stazione di Balderas prescindono dai loro certificati di nascita:
si piantano corni uncini coltelli zanne pelli pugni di ferro,
si fanno carico come in una sorta di frenetico o la vita o la morte, portano via peli, borse, pezzi di camicie, non rispettano neppure le loro madri: un milione
di persone vuole salire, un altro milione scende al tempo stesso.
Vergine di Guadalupe.
Cresce il fetore del profumo, l’aroma del fetore.
Un tipo con le stampelle rosse che è infermo, si è frantumato una gamba
cadendo da un’impalcatura:
“lasciatemi qualche moneta” in un fagotto che porta accanto alla stampella sinistra, implora,
non ha certo medico moglie figli zii fratelli cugini padrini neppure un cane,
si lamenta.
Il poeta deve trovare una lacrima, una sola lacrima, per arrivare a destinazione.
Siamo bambini di strada, gridano quattro appena entrati, mangiamo
avanzi degli avanzi, a volte
beviamo Coca-Cola, se voi foste così gentili,
uno
si toglie la camicia
si fa spazio tra la gente e strofina la spalla nuda contro
un fascio di vetri che ha messo nel pavimento sopra un tappeto,
la sua spalla sembra una costellazione fatta con meteoriti solamente,
i presenti nel Colosseo Romano lo guardano quasi tutti con l’indifferenza
con cui gli uccelli guardano gli uomini
(anche se alcuni lasciano cadere diversi centesimi).
Oh, io sono il poeta, ho bisogno che qualcuno mi presti una lacrima.
Subito,
l’insetto elettrico si pianta in mezzo all’oscurità,
immobile, immobile, immobile, prolunga il canto del cigno,
segna, lancia dietro, davanti, gli zombi che hanno pagato due pesos
per il viaggio
alla soglia della caverna.
In qualche stazione escono - sarebbe meglio dire fuggono - oltre la metà dei viaggiatori e
dopo
che entrano due invalidi,
tre ciechi,
un signore vestito da dirigente che sembra smarrito,
una coppia di giovani che sono uniti con le lingue,
entra una donna
castana dai capelli alla pelle, i gesti, lo sguardo, il respiro, alta
come le torri del futuro,
bella come questa stessa parola, una donna
che può trasformare in seme ogni cosa che tocca.
L’insetto elettrico
la Metropolitana
maledizione
la Metropolitana
l’insetto elettrico
sono le carte
dove si può leggere l’anima rovesciata della vasta Città,
maledizione,
maledizione,
Vergine di Guadalupe.
Félix Luis Viera
(da La patria es una naranja)
Traduzione di Gordiano Lupi