Fidel Castro festeggia 84 anni pubblicando La vittoria strategica, un’autobiografia di 900 pagine che Letras Cubanas distribuisce in tutta l’Isola tirando ben 60.000 esemplari. In pesos cubani costa l’equivalente di 22 dollari, se pensiamo che un operaio guadagna al massimo 15 dollari al mese, dubitiamo che molti faranno la fila per acquistare un ponderoso volume che amplifica la retorica rivoluzionaria. Non è finita qui comunque, perché il libro racconta solo infanzia, adolescenza e Rivoluzione. Per tutto il resto dovremo attendere la prossima puntata.
È il terzo compleanno da ex presidente per Fidel, che è stato per quasi quattro anni lontano dalla vita politica dopo aver subito un intervento all’intestino il 27 luglio 2006. Nell’ultimo mese il leader carismatico è riapparso in pubblico in diverse occasioni, pare in buona forma e sembra che le sue idee siano abbastanza lucide. I suoi interventi si sono limitati a questioni internazionali: il timore di una guerra nucleare tra Iran e Israele con la partecipazione degli Stati Uniti e la possibile crisi coreana. Fidel non ha fatto alcun cenno ai problemi interni del paese, al degrado della vita pubblica, alla delicata situazione economica, ai diritti civili negati, alla mancanza di libertà. Secondo Yoani Sánchez Fidel vuole distogliere l’attenzione dai veri problemi in un momento delicato dopo la scarcerazione di molti prigionieri politici. Forse c’è un tacito accordo tra fratelli, sulla base del quale Fidel si occuperebbe dei temi di politica estera e Raúl dei problemi interni. Norberto Fuentes afferma che tra i due non è mai corso buon sangue, ma che Raúl è succube del carisma di Fidel. Sino a quando il fratello comparirà in pubblico i veri cambiamenti resteranno bloccati.
Fidel Castro ha convocato il parlamento in seduta straordinaria per parlare della prossima guerra nucleare di fronte a un’assemblea capace soltanto di applaudire e adulare. Non sta male, ma deve farsi aiutare a camminare e parla solo per quindici minuti, non riesce a fare i discorsi interminabili del passato. Un altro problema che interessa molto Fidel è la liberazione dei cinque agenti cubani incarcerati da 12 anni negli Stati Uniti con l’accusa di spionaggio. Spende parole di ammirazione per Obama, dice che non è cinico come Nixon e cerca di convincerlo a non attaccare Iran e Corea del Nord. Alcuni giorni fa ha fatto marcia indietro sulla teoria della guerra nucleare inevitabile in una nuova riflessione pubblicata dalla stampa ufficiale. Ha detto che «il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama non è un assassino e non si sognerebbe mai di ordinare la morte di centinaia di milioni di persone innocenti». L’ex presidente cubano prova simpatia per Obama, perché afferma che è «migliore di Roosvelt e di Carter, non è ignorante come Reagan, pazzo come Bush e ipocrita come il padre di Bush». Teme per la sua incolumità e ritiene un miracolo che non sia ancora stato ucciso. «Gli statunitensi sono profondamente razzisti, per questo un presidente afroamericano rischia molto». Secondo Fidel gli Usa non possono più avere il controllo dei loro segreti e «bisognerebbe fare una statua a Wikileaks», il sito che ha pubblicato documenti segreti degli Stati Uniti sulla guerra in Afghanistan.
Fidel Castro non ha nessuna intenzione di riprendere il potere. Il suo ruolo è soltanto quello del consigliere che scrive Riflessioni sul Granma, che di fatto condizionano le scelte politiche.
«Il mio compito è di dire quello che penso a chi poi ha il potere di prendere le decisioni. I compagni non sono persone che io devo pilotare, ma quello che voglio è che pensino con la propria testa».
Sarà vero? Fidel Castro ha dimostrato con tutta la sua vita che esiste una differenza abissale tra le cose che dice e quelle che effettivamente pensa e si appresta a realizzare.
Gordiano Lupi
Appunti per l'intervento di questa mattina, Radio Rai h 11:40.