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Ancora sul 2 giugno, adesso che la “festa” è passata
03 Giugno 2006
 

Carissima Nella,

sono venuta volentieri alla manifestazione del 2 giugno a Roma e mi pare che sia anche abbastanza riuscita. Però mi preoccupo del carattere sempre più “interno” delle espressioni del movimento e anche mi spiace un po' di essere “convocata” come parlamentare su una piattaforma che non ho minimamente cooperato a costruire. La mia intenzione era ed è di proporre altre modalità per la festa della Repubblica, ragionando sulla sua “ragione sociale”, che è quella di «repubblica democratica fondata sul lavoro». Il lavoro viene celebrato il 1° maggio e propongo che –se i sindacati sono d'accordo– il 1° maggio sia solenne come il 2 giugno, ma per l' appunto celebrato senza niente di militare, per ricordare la storia nonviolenta del movimento operaio.

Il 2 giugno non può essere “usurpato” dalle Forze armate che hanno già la loro festa il 4 novembre; ricevere l'invito alla sfilata militare dal ministro della Difesa, che il 2 giugno è dunque il più potente personaggio dello stato che “convoca” presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Governo cioè la prima seconda terza e quarta autorità dello stato, è uno sbrego dell'etichetta e del simbolico che rasenta la rappresentazione di un colpo di stato, e ha un aspetto tanto poco egualitario da essere insopportabile, il trionfo della gerarchia! una cosa da monarchia, non da repubblica...

Il 2 giugno deve essere repubblicano e democratico, che è quanto dire non gerarchico, ma esaltatore dell'eguaglianza e dell'azione civile e non militare. A me non piacerebbe che fosse celebrato con particolare rilievo a Roma, per questo avevo molto apprezzato che in alcuni luoghi già si fosse diffusa la abitudine di fare una festa in piazza o una passeggiata in campagna o una mangiata all'aperto, insomma una cosa popolare; da anni propongo che facciamo qualcosa di simile al 14 luglio in Francia, data che ricorda la presa della Bastiglia da parte del popolo di Parigi, azione forte, ma indirizzata ad aprire un orrendo carcere, a celebrare la libertà e a far uscire i prigionieri politici e che si festeggia ballando tutta la notte per le strade. Insomma mi interessa una modalità con la quale il patriottismo –come dice Napolitano– non si esprima con le armi cioè come patriottismo contro le patrie altrui, bensì con la festa, che è una modalità per eccellenza inclusiva, non trattandosi di una festa con invitati eccellenti, con il biglietto d'invito da esibire e le mises delle dame,bensì aperta a tutti e tutte, da festeggiare con bambini bambine, nonni nonne vicini di casa passanti occasionali e immigrati/e che si uniscono magari insegnandoci i loro balli o i loro piatti.

Se questa era la mia meta non capisco perché dovessimo parlare soprattutto d'altro, con la solita maniera gridata e piagnona della sinistra, senza una proposta nel merito. Sono un po' irritata di essere convocata a ripetere ciò che ho già detto scritto e parlato persino in aula, sul rispetto dell'art. 2 (pacs), dell'art. 3 (ostacoli alla parità delle donne e dei migranti), sulla laicità dello stato e sull'art. 11. Non sono d'accordo che ci sia tra noi e il movimento una modalità non reciprocamente autonoma. Il movimento non ha rappresentanti, né i rappresentanti hanno potere sul movimento, siamo reciprocamente autonomi e se vi è una relazione tra noi (che mi pare una novità politica di grande respiro) essa è per l'appunto una relazione tra pari, da verificare ogni volta nella composizione delle piattaforme, nella firma di documenti, nell'appoggio ad azioni ecc. ecc.

Con grande affetto ma anche grande preoccupazione per un certo “incartarsi” del movimento per mancanza di fantasia politica,

ti abbraccio forte

Lidia


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