L’ultima raccolta di versi di Patrizia Garofalo dal titolo Il dio dell’impossibile si apre con due poesie che, ad una prima lettura, avrebbero potuto essere collocate alla fine, epilogo di un percorso esistenziale, del quale l’autrice ci dà notizia. Con la disarmante capacità di rovesciare l’apparente linearità delle cose, cui ci ha abituato, lei pone queste due poesie all’inizio. Non un epilogo, dunque, ma le fondamenta di un percorso di cui ci vengono date le coordinate, senza eludere né omettere nulla.
Nella prima poesia Patrizia Garofalo scrive: per questo voglio quando mi ricordi/ che sia senza rancore, dolore né pena… (p. 14), nella seconda scopre già le sue carte scrivendo: E venni a patti con il dolore…/ lo abbracciai tra i baffi di un medico…/ …Avrei attraversato secoli smagrita dal cercare/ appassionata fotografa di vita/ Mi firmai sempre “Angelo sbagliato con ali di terra”… (p. 15).
Questi versi non sono preghiere, non sono liriche. Sono, a mio avviso, un atto d’imperio, un comando al dio dell’impossibile affinché pieghi il capo quaggiù sulla terra, dove, grazie ad un procedere durissimo, da appassionata fotografa della vita, l’autrice è riuscita a venire a patti con il dolore, assumendo le vesti, uniche vesti possibili, di angelo sbagliato con ali di terra.
Ed è alla terra che i versi successivi sempre riconducono. Terra mescolata ad acqua: fango. Terra mescolata a lacrime che si rapprendono in creta.
Nell’antico libro è scritto che questo siamo: creta. Una materia semplice che facilmente si dissolve in polvere. Ma al libro viene affidato un messaggio di grande consolazione in quanto le creature di creta hanno una precisa ragion d’essere. Meglio ancora, una divina ragione d’essere.
Questa divina ragione non sembra trasparire dai versi di Patrizia Garofalo. Lei si ferma un passo prima. Al fango. Alla creta. All’angelo sbagliato con ali di terra. Ed è quest’angelo appesantito dal fango che stupisce e meraviglia. Sa, ad esempio, raccogliere un fiore, strappare un bacio, liberarsi dal cappio del rancore mutando i ricordi e gli abbandoni in un leggero volo di farfalla.
L’angelo di terra ha smesso di domandare. Rifiuta di volgere la testa verso il cielo dal quale non riceverà – è ormai assodato – nessuna risposta.
Li consuma la sofferenza
Del caldo
Dell’afa
Dell’opacità
Ubriachi di luce
Di giallo
Inconsapevoli
Incoscienti
Alti fino al tramonto
Cercano un Dio della terra
Vivono ogni giorno la loro fine
…i girasoli (p. 31)
C’è un epilogo a questa raccolta di poesie. In ultima pagina i versi si soffermano sulla parola. L’autrice scrive che le parole volano. Monche, confuse, senza ali. Sa che… Precipitano calpestate dalla distrazione infangate dalla pioggia schiacciate nella fretta… (p. 127).
Ma in definitiva è la parola il prezioso fardello dell’angelo di fango.
Alla parola segue il silenzio. Con il silenzio risponde il dio dell’impossibile.
E
…Il silenzio
Per chi lo ascolta è assordante. (p. 127)
Renata Adamo
Patrizia Garofalo
Il Dio dell’Impossibile
Edizioni Il Foglio, 2009, pagg. 131, € 12,00
(Introduzione di William Navarrete
Postfazione di Paolo Ruffilli)