La questione, credo, sarà oggetto di dibattito del prossimo comitato ed è comunque urgenza politica non trascurabile quella che rende necessario scegliere la via alla costituzione del partito Rosa nel Pugno.
La prima direzione nazionale della Rosa si è data la scadenza del 30 giugno per elaborare la struttura portante che la caratterizzerà ed Antonio Bacchi prima e Valter Vecellio poi hanno cominciato ad analizzare la situazione.
A questi aggiungo il mio contributo di riflessione dicendo che le possibili strade da seguire appaiono essenzialmente due: una conservativa, più rassicurante ed in qualche modo realistica ed una del tutto aperta alla novità, rischiosa ma potenzialmente esplosiva dal punto di vista dell’impulso politico al nuovo soggetto.
La prima è quella della risposta federativa, tutti i soggetti partecipanti alla Rosa nel Pugno mantengono la propria struttura e la propria identità dandosi una direzione comune (come già oggi accade), fissando statuti e regole per tutto ciò che attiene alle iniziative ed alla rappresentanza politica del soggetto che si va a strutturare.
Con questo sistema verrebbero salvaguardate le peculiarità di ogni componente e specialmente quella parte di esigenze della nomenclatura socialista, al momento restia ad imbarcarsi nella contaminazione e molto preoccupata per le proprie poltrone; questa scelta le vedrebbe salvaguardate e concederebbe a tutti i partecipanti la prospettiva di rimanere distinguibili (in modo da potersi sganciare dal soggetto comune in qualsiasi momento, eventualità che la natura etnica dei socialisti ritiene necessaria).
Questa struttura non escluderebbe il pericolo di egemonia dello Sdi a livello territoriale, livello al quale i socialisti sono molto più presenti rispetto ai radicali, ma renderebbe la strada comune più sicura (accettabile) agli occhi dei referenti locali sdi, e ci toglierebbe dallo stallo attuale (ridando vita all’iniziativa politica che ora langue a causa delle dispute intestine che caratterizzano i nostri compagni di strada, impegnati nella ricerca della visibilità e dei “valori” socialisti).
Naturalmente la struttura, presentando la caratteristica dell’autonomia dei partecipanti, se da una parte renderebbe la Rosa appetibile a movimenti o partiti che volessero entrarvi (evitando traumi identitari) dall’altra diverrebbe più problematica per i singoli (a cui principalmente ci rivolgiamo) che non facessero parti di tali realtà strutturate, costringendoli ad aderire ad una delle componenti piuttosto che alla Rosa nel Pugno in sé, cosa che costituirebbe un limite enorme per chi si propone di essere riferimento per coloro che non si riconoscono in chi da l’assalto alla laicità, alle libertà ed ai diritti del cittadino.
La seconda strada è quella del completo scioglimento, necessariamente contemporaneo, di tutte le sue componenti nella Rosa nel Pugno affinché si amalgamino nel soggetto unico creando l’humus adatto allo sviluppo di qualcosa di completamente nuovo, di diverso.
Certamente è da considerare che nei socialisti è ancora viva l’idea della somma dei partiti e non quella della Rosa nel Pugno nuovo soggetto politico, come tale aggregazione di coloro che provengono sia dal proprio bacino storico dei costituenti sia da nuove forze che ci augureremmo essere la parte più consistente; molti nello Sdi, a differenza nostra, si preoccupano di portarsi dietro uno per uno i propri elettori, di avere le spalle coperte per mantenere le attuali poltrone distribuite a livello locale grazie a quello che definiscono «il popolo socialista» (!).
Con lo scioglimento degli elementi costituenti nella realtà unica chiunque volesse trovare casa nel nuovo progetto si troverebbe al pari degli altri partecipanti, fornendo le energie propulsive decisive affinché l’«ircocervo» viva finalmente di vita propria.
Questa struttura potrebbe risultare determinante per dare la scossa necessaria a chi vuole entrare nella Rosa, chi fosse restio o avversasse il nuovo soggetto sarebbe necessariamente costretto a scegliere: o dentro o fuori.
I rischi? Che la quinta colonna della nomenclatura socialista entri nella Rosa in massa con le proprie truppe cammellate e non solo faccia altro, abbia cioè altre priorità rispetto alla riforma liberale socialista laica e radicale, ma che ne faccia altro, modifichi quindi obbiettivi e basi politiche per farne qualcosa di rigorosamente partitocratico.
Se così accadesse la Rosa nel Pugno diverrebbe una scatola vuota analoga a tutti gli altri partiti da cui molti elettori cercano una fuga; avere lo Sdi mascherato sotto altro nome credo non converrebbe a nessuno poiché, come tale, presto sarebbe abbandonato dalla maggioranza di coloro che hanno dato vita alla Rosa.
I tempi per l’accelerazione politica si avvicinano, i matrimoni si fanno in due (almeno, e nel nostro caso i soggetti coinvolti sono almeno quattro: Radicali, Sdi, Associazione Coscioni e Giovani Socialisti) ma solo sapendo chi siano e cosa vogliano effettivamente i nostri partner potremo capire anche quale sia la strada da seguire, quale sia la scelta da fare per tenere in vita a lungo termine il luogo di aggregazione che si ispira a Blair, Fortuna e Zapatero.
Una prima indicazione l’avremo da come si svolgerà il convegno dello Sdi toscano sulla Rosa nel Pugno, convegno che si terrà a Firenze il prossimo 5 giugno; all’appuntamento sono invitati i vertici Sdi nazionali e curiosamente «tutti i socialisti», non i componenti della Rosa né i Radicali.
L’incontro (convocato dall’ennesimo fantasioso proclama) suona tragicomicamente come un processo sommario a Boselli, la resa dei conti tra “il buon selvaggio” della nomenclatura provinciale e la faccia presentabile del socialismo post craxiano. Staremo a vedere.
Guido Bedarida
(da Notizie radicali, 01/06/2006)