Siamo stati così poveri, moglie, figli miei,
così povera la nostra dispensa, i nostri mobili e il legno delle nostre porte.
Ma in alto c’era il podio dal quale uscivano al tempo stesso belve,
gabbiani e gerani dell’avvenire.
Figlio mio, senza calzini, senza la pistola ad acqua ti sei fatto grande sperando,
tua madre senza un altro tetto che i suoi capelli,
senza altra pietra in mano che la certezza della speranza.
Siamo stati tanto poveri,
ma coloro che ci leggevano le istruzioni,
costruivano bunker con il soldato di cioccolato che tu, figlio, non avesti,
con i calzini che ti portò un leader
dalle sue incandescenti riunioni europee
dove andavano i leader a ricevere la squadra, il compasso
con cui fabbricare le ricchezze di tutti, anche le tue, figlio mio,
che hai passato la fanciullezza senza ottenere
il giocattolo che come si suol dire sognavi.
Siamo stati così poveri, moglie, figli miei, madre
che per tuo figlio donasti l’ultima unghia che tenevi da parte,
il piccolo fuoco residuo delle tue pupille.
Siamo stati così poveri,
ma tutti abbiamo avuto scuole ai piedi dei fiori
un medico per ogni alba
un atleta che metteva il tuo nome, il mio, quello di tutti,
quello della patria, il nome della patria,
nel punto più alto delle colline di tutte le galassie,
ma non bastava:
abbiamo bevuto il nostro stesso sangue in forma di coni
abbiamo bevuto il nostro stesso sangue in forma di stelle frazionate
abbiamo bevuto furtivamente il sangue del fratello
abbiamo negato la patria ad altre persone che pure l’amavano
abbiamo fatto della patria un sudario di discorsi
una Pena di Morte eterna
un giardino zoologico dove ci sono strani animali.
Perdonami, patria,
perdonami splendente arancia della patria
perdonami perchè anch’io ho assassinato la patria in nome della patria
anch’io ho firmato il decreto che rendeva tutti gli uomini uguali,
per cui ogni uomo avrebbe respirato lo stesso ossigeno, la stessa quantità,
alla stessa ora,
anch’io ho fatto il giro dell’iperbole a sinistra
fino al punto di fare a pezzi il braccio della patria.
Perdonatemi, moglie, figli miei, patria:
siamo stati così poveri,
non abbiamo mai avuto un acquario
anche per colpa mia,
perdonatemi oggi questa amarezza, questa franchezza.
Felix Luis Viera (da La patria es una naranja)
Traduzione di Gordiano Lupi