L’embargo Usa a Cuba «è diventato un importante strumento politico per il governo» che lo utilizza «come scusa per giustificare le misere condizioni economiche». Perciò «dovrebbe essere sollevato», anche se «è dovere e missione della gente liberare Cuba» e «sostenere che esiste un’alternativa pacifica». Lo afferma Oswaldo Payá (foto), dissidente politico a Cuba e fondatore del “Progetto Varela”, il movimento cubano per la democrazia ispirato al sacerdote del XIX secolo p. Felix Varela.
In un’intervista al National catholic register, tradotta dal portale MissiOnLine, Payá descrive le priorità del Movimento cristiano di liberazione da lui fondato, nonostante la maggior parte dei leader siano in carcere. 52 partecipanti al “Progetto Varela” sono stati rilasciati la settimana scorsa, anche grazie alla mediazione della Chiesa cattolica cubana. La prima priorità è la proposta di legge, avanzata due anni fa all’Assemblea Nazionale, per «stabilire il diritto dei cittadini cubani a lasciare il Paese e a viaggiare». La seconda è «la riattivazione del Progetto Varela». «Si può proclamare e sostenere che esiste un’alternativa pacifica a Cuba» sottolinea Payá. «E ciò non significa fare un salto verso il capitalismo selvaggio. Questo è un socialismo selvaggio, in cui i poveri sono così poveri che non hanno nemmeno la voce per dire che sono poveri. Il popolo cubano dovrebbe riavere la sua voce».
Fonte: SIR