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Agcom. La ratifica del Senato senza trasparenza e senza conoscenza
29 Luglio 2010
 

Con l'elezione di Antonio Martusciello all'Agcom, il Senato della Repubblica ha ancora una volta scelto la strada di spogliarsi delle sue prerogative ratificando una nomina imposta dall'alto. Dopo il decreto energia della settimana scorsa, che ha visto il Senato piegarsi al governo in una materia che le compete costituzionalmente, quella della verifica dei titoli di ammissione dei parlamentari riferita anche alle condizioni di loro permanenza nella carica (caso Veronesi), oggi si è compiuto un passo ulteriore in questo processo di auto-estromissione dando un colpo alla credibilità del Parlamento quale fonte di nomina. Non da oggi chiediamo che i due rami del Parlamento non siano usati “in qualità di seggi elettorali” e che le nomine dei componenti della autorità di garanzia e degli organismi di controllo siano effettuate con criteri di trasparenza, anche nel caso le leggi istitutive non lo prevedano, a cominciare da audizioni pubbliche preliminari nelle commissioni parlamentari competenti al fine di verificare i presupposti di indipendenza dei candidati, come richiesto dalle direttive europee, della loro elevata professionalità e competenza specifica, nonché dell'assenza di conflitti d'interessi reali o potenziali. Registriamo invece che anche questa volta l'elezione si è svolta in maniera opaca, senza alcuna verifica dei presupposti richiamati ma semplicemente in base ad un accordo sottobanco tra gruppi parlamentari basata sulla filosofia spartitoria del “io non guardo nel tuo orticello a patto che tu non guardi nel mio”.

Il risultato è che l'Italia è l'unico Paese al mondo - a qualsiasi latitudine - che annovera ex parlamentari ed esponenti di partito nelle Autorità di controllo e di garanzia costituzionale, e in questo caso - quello dell'Agcom - addirittura un ex dirigente di una concessionaria di pubblicità, un profilo peraltro molto simile all'ex commissario costretto alle dimissioni (Giancarlo Innocenzi) a cui Martusciello subentra: una coazione a ripetere e un'inopportunità politica lampante perfino per chi si ostina a vedere questi organismi non come “cani da guardia” del buon funzionamento del libero mercato, soprattutto nell'interesse dei cittadini-consumatori, ma come ulteriori luoghi istituzionali dove riciclare tromboni o trombati in un'ottica di espansione del sistema partitocratico.

 

Donatella Poretti


 
 
 
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