Dal Twitter del 20 luglio 2010
Yoani Sánchez ha aperto il libro dei sogni e ha sintetizzato il suo desiderio di libertà per Cuba: «Le nostre esigenze si riassumono in una frase: vivere in una Cuba pluralista che consenta ogni tipo di pensiero e di opinione. Chiediamo che il registro delle associazioni venga aperto ai partiti di opposizione attualmente considerati illegali. L’educazione non deve essere più ideologica e al tempo stesso deve essere consentita l’istituzione di collegi gestiti in forma autonoma da privati. È necessario abolire il doppio sistema monetario. Il sistema informativo deve aprirsi alla stampa libera, permettere la nascita di periodici e di pubblicazioni che non rispondano direttamente al Partito Comunista. Serve un compromesso pubblico tra potere e società civile per garantire che nessuno venga più incarcerato per motivi di opinione. Deve essere sciolta la polizia politica, soprattutto quella nota come sezione 21. Devono essere rilasciati permessi per creare piccole e medie imprese. Un cittadino cubano deve essere libero di comprare un'auto o una casa, deve poter acquistare servizi internet e godere di una televisione satellitare senza filtri ideologici. Il governo deve eliminare il concetto di uscita definitiva che non permette agli esiliati di tornare nel loro paese e fa sì che le loro proprietà vengano confiscate. Deve essere incentivato il lavoro autonomo e l’impresa privata, con tutte le garanzie del caso. Va abrogata la Legge 88, nota come Legge Bavaglio. Devono essere eliminate dal codice penale le figure delittuose di associazione illecita, pericolosità e propaganda nemica. Il governo deve smantellare l’apparato repressivo che penalizza la libera opinione e la libertà di associazione».
Alcuni membri della Polizia hanno aggredito lunedì l’ex prigioniero politico paraplegico Ariel Sigler Amaya (foto), dopo la sua protesta all’esterno di un ufficio migratorio per la mancata concessione del permesso di uscita. La denuncia proviene dalla moglie, Noelia Pedraza, che afferma: «Hanno preso Ariel per il collo, l’hanno colpito e obbligato a salire su un autobus. Mio marito è malato e non può subire aggressioni simili, solo per aver reclamato un diritto». Testimoni del fatto la giornalista indipendente Leticia Ramos e Rafael Pedraza, componente del Consiglio dei Relatori dei Diritti Umani, che di fronte alla “mancanza di risposta” delle autorità sul permesso di uscita per Sigler, hanno dato vita a una piccola protesta di fronte alla sede governativa. I presenti hanno gridato frasi come: “Castro assassino” e “sbirri”, per questo è intervenuta la polizia e ha fatto cessare la protesta con le maniere forti. Ariel non vuole emigrare in Spagna ma negli Stati Uniti, perché ha un fratello a Miami, forse è proprio questa scelta a rallentare la concessione del permesso. Sigler Amaya ha manifestato il desiderio di cominciare uno sciopero della fame per fare pressione sulle autorità, ma i familiari non sono d’accordo, visto il suo precario stato di salute.
«La notizia di quel che è accaduto ad Ariel Sigler Amaya circola a tutta velocità», ha detto Yoani Sánchez. «Oggi ho visto persone che brandivano cartelli in Piazza della Rivoluzione per esigere il loro diritto a viaggiare. Juan Juan Almeida ha camminato in strada per circa venti minuti impugnando un cartello per chiedere il rilascio del permesso di uscita».
Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo.
Gordiano Lupi