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Pablo Pacheco Avila. Cronaca da un carcere cubano
15 Luglio 2010
 

Galera 43, è esplosa, nel riciclaggio, disse un prigioniero agli altri. Dal fottuto lavorare con la carne e non potersi mangiare una bistecca, rispose Charòn al portatore della cattiva notizia. Anche se non sembra i colpevoli solidarizzano sempre gli uni con gli altri quando ci sono delle avversità contro i privati della libertà. Questa cronaca può sembrare comica, ma la realtà è un’altra.

Le autorità degli stabilimenti penitenziari hanno sancito all’inizio di quest’anno la selezione di un buon numero di interni per lavorare nella fabbrica adiacente alla prigione provinciale di Canaletas a Ciego di Ávila. Tutto ciò fa presupporre che prima dell’imminente visita di alto rango a livello nazionale, sia possibile che da qualche sfera globale, specialmente da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, venga mascherata la crudele realtà di questo centro penitenziario. Nella fabbrica citata si elaborano in differenti specialità carpenteria, blocchi, brocche di plastica e riciclaggio di indumenti.

In altre occasioni ho scritto a proposito delle anomalie nel salario dei detenuti anche se oggi mi riferisco a coloro che lavorano nel riciclaggio, secondo loro c’è chi ha ricevuto 300 pesos in moneta nazionale, 12 CHC al mese. In tutto questo tempo gli uomini che lavorano nel riciclaggio sono stati scoperti a sottrarre tessuti di marche note, dopo essere stati colti in fragrante i privati della libertà vengono espulsi dal loro posto di lavoro. Il prigioniero è fatto prigioniero.

In più di un’occasione ho sentito aneddoti sul riciclaggio. Lavoratori civili e anche qualche militare possono rubare. Li sorprendono e tutto rimane in casa. È proprio li il nocciolo del problema. Non credo sia difficile vendere ai colpevoli qualche capo di vestiario che loro stessi selezionano per essere poi venduto all’interno di negozi. Il prigioniero deve essere incentivato e deve comprare con il modesto salario indumenti che passano più volte nelle sue mani. È difficile, è molto difficile lavorare nella merda e non imbrattarsi, disse qualcuno.

Anche se, il riciclaggio non è l’unico caso in cui si verificano queste situazioni, il caso più lamentabile è accaduto il 14 giugno scorso quando Henry Veitía Valdivia perse una gamba nella blocchiera a causa di un grave incidente nella miscelatrice meccanica provocato dalle scarse misure di sicurezza nel locale. Il giovane è stato vari giorni tra la vita e la morte e non si conoscono le sue attuali condizioni di salute. Niente, la canzone di Rubén Blades lo dice chiaro chiaro. “Con il salario che mi pagano non rischierò la vita che Dio mi ha donato”.

 

Pablo Pacheco Avila

(da Voce tra le sbarre, 09/07/2010)


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