La lettura dell’ordinanza di applicazione della custodia cautelare nei confronti di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, lascia francamente sgomenti. Al di là della vicenda penale e del suo merito, sul quale, come si usa dire, si pronuncerà la magistratura nell’ambito del processo penale, lo sconcerto e lo sgomento emerge per quella che nei giorni scorsi è stata definita dai vertici dell’ANM “la questione morale” all’interno della magistratura stessa, ma direi, all’interno delle istituzioni tutte.
Se le telefonate che sono state riportate nell’ordinanza sono vere – se fossero false o manipolate è evidente che i problemi sarebbero di altro tipo – il Presidente della Suprema Corte di Cassazione dott. Vincenzo Carbone (foto) si deve immediatamente dimettere, se le telefonate che sono riportate nell’ordinanza sono vere il Presidente della Corte di Appello di Milano dott. Alfonso Marra si deve immediatamente dimettere, se le telefonate riportate nell’ordinanza sono vere il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni si deve immediatamente dimettere.
Non è più possibile avere fiducia in così alte istituzioni dello Stato che si adoperano per fissare prima i ricorsi che interessano “agli amici”, mentre quelli degli altri cittadini periscono per anni nelle stanze della Corte; non è più possibile avere fiducia in magistrati che, anziché reagire stizziti, palesemente accettano appoggi esterni, veri o millantati che siano, da persone che chiaramente agiscono in termini spregiudicati per supportare la propria candidatura in un ruolo istituzionale di così alta responsabilità e prestigio quale quello di Presidente della Corte di Appello di Milano; non è più possibile avere fiducia in magistrati che danno giudizi fuori dal procedimento sul merito di un ricorso, che chiamano per dire a discutibili interlocutori di andarli a trovare la mattina seguente nel proprio ufficio per parlare ‘a voce’; che chiamano direttamente per comunicare l’esito del procedimento ‘negativo’ e confermare che sempre ‘a voce’ verranno spiegate le ragioni – ci provasse qualsiasi cittadino ad avere rapporti di questo tipo con il Presidente della Corte di Appello di Milano o di Roma o di qualunque altro capoluogo! –; non è più possibile avere fiducia in un Presidente di Regione, uscente, candidato e poi rieletto, che ritiene, pur di vincere una causa, di doversi affidare a loschi manovratori per contattare i giudici, anziché di rivolgersi ai soli avvocati avendo fiducia nelle proprie ragioni, nella legge e nella magistratura, come si pretende sia fatto da parte di qualsiasi cittadino.
Non interessa la rilevanza penale di questi comportamenti, quello che interessa è che tale degrado della cultura istituzionale il nostro Paese non lo merita proprio.
Avv. Giuseppe Rossodivita,
Segretario del Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei
e membro della Direzione nazionale di Radicali Italiani
Fonte: Radicali.it, 13/07/2010