Il 28 giugno 2010 il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla questione del pagamento delle rette RSA in Toscana, sospendendo l'efficacia di due recenti sentenze del Tar Toscana che avevano dato torto agli utenti. Secondo il Tar Toscana infatti la retta per la degenza in RSA degli assistiti doveva essere computata non sui soli loro redditi ma anche su quelli dei familiari.
Riassumiamo la vicenda
La legge nazionale impone che le rette per la degenza in Rsa, che le persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti e portatori di handicap grave devono pagare, siano proporzionate ai loro redditi e che le restanti porzioni di retta (quota sociale) siano pagate dai Comuni di residenza. I Comuni, nonostante la legge nazionale n. 130 del 2001 sia chiara sul punto, la disapplicano da sempre e varano regolamenti comunali illegittimi che impongono di determinare la retta per la degenza non sulla base del solo reddito dell'assistito, ma anche su quello dei suoi parenti. Cumulando i redditi – anche se esigui – di 4 o 5 persone si ottengono rette giornaliere altissime, che hanno messo in ginocchio famiglie intere, costrette a pagare cifre esorbitanti.
Nel novembre 2008 una signora fiorentina, gravemente invalida, ricoverata in una RSA di Firenze, rivoltasi all'Aduc, ha fatto ricorso al Tar Toscana perché costretta a pagare, per la propria degenza 14.220 euro a fronte di un reddito di 8.756,25, soltanto perché il padre percepiva anch'egli una pensione, e il Tar le aveva dato ragione.
Un anno e mezzo dopo lo stesso Tribunale, in due casi simili al precedente, ha fatto dietro front, dando ragione al Comune di Firenze. La legge che disciplina l'Isee (indicatore della situazione economica equivalente), prevede che per il calcolo delle rette di degenza nelle Rsa per questi pazienti si consideri il solo reddito dell'assistito. Secondo il nuovo orientamento del Tar Toscana, tali norme, che prima erano precettive e immediatamente applicabili, diventano di mero indirizzo e inattuabili.
Gli utenti e l'Aduc non si sono arresi e, assistiti dagli avvocati Emmanuela Bertucci e Claudia Moretti del foro di Firenze e dall'avv. Ilaria Romagnoli del foro di Roma, si sono rivolti in appello al Consiglio di Stato che, sebbene in via cautelare, ha già emesso due provvedimenti positivi: ordinanza n. 2997/10 e n. 3001/10.
Due pronunce a nostro avviso molto importanti, con le quali il Collegio chiarisce il proprio orientamento sull'applicazione dell'art. 3 comma 2 ter del d.lgs. n. 109 del 1998: gli utenti devono pagare in proporzione ai loro redditi e non anche in proporzione ai redditi dei propri parenti.
Ora è importante che il Consiglio di Stato si pronunci presto con una sentenza definitiva che uniformi una volta per tutte l'applicazione della legge nazionale in materia di RSA. Finora, infatti, i vari Tribunali Amministrativi Regionali d'Italia hanno avuto orientamenti discordanti, che finiscono per favorire chi abita nelle regioni “virtuose” (fra tutte, la Lombardia) e sfavorire chi abita in regioni i cui Tribunali hanno assunto orientamenti negativi o “oscillanti” (fra questi ultimi, la Toscana in testa). L'Aduc, grazie ai diversi avvocati coinvolti nei ricorsi, chiederà quindi che il Consiglio di Stato si pronunci definitivamente sul tema delle RSA per dare finalmente una risposta chiara e univoca in questo magma giudiziario che disorienta i cittadini.
ADUC
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori