Ascoltando Mariela Castro all’UNEAC
In una di quelle omeopatiche battaglie cubane contro l’omofobia
Vedendola ridere linda e pulita
Con la grazia guerrigliera ma borghese di sua madre giovane negli anni 50
Accarezzando il microfono come un miracolo
Tra le sue mani sinonimo di Donna Nuova
Assaporando la retorica della sua visione plurisex
Nel cuore acritico e monocorde di un’istituzione culturale
Ascoltando Mariela Castro all’UNEAC
Penso a tutti i grandi finocchi
Che fecero la storia dell’imene uomo su quest’isola
Tipi fatti tacere a pedate prima
E rinchiusi a mosca cieco dopo
Emarginati all’inizio e isolati in ultima istanza
Corpi che non trovarono posto nel canone bigotto ma promiscuo di Cuba
Uccelli regolamentati in una poesia della vergine Piñera
Compagni di banco di ogni scuola materialistica e dialettica
Glamour di tre per culo con le gengive
Succhiando un fil di ferro spinoso nelle UMAP degli anni 60
Spazzando sale mortuarie o come custodi di bagno
Cammellieri dei loro stessi cadaveri senza vibratore
Nei cinema complici o autobus squallidi di buon mattino
Sopravvivendo al teatro real-socialista degli anni maschilisti
Piccole esistenze mai narrate dalla tribuna stanca della rivoluzioncina mondiale
Ascoltando Mariela Castro all’UNEAC
In una di quelle omeopatiche battaglie cubane contro l’omofobia
Nella stessa cappella dove Padilla si definì etero
Su richiesta della polizia politica degli anni 70
Penso a tutta quella società incivile del piacere in libertà
Dissidenti del desiderio come maledizione da portare dentro
Fino a fuggire dal paese paraplegico in una barca di carta igienica negli anni 80
O aspettando il processo di rettificazione dei giusti e delle tendenze negative
Infiltrati nelle code per le protesi dentarie gratuite in un policlinico degli anni 90
Invecchiati senza essere invitati all’ennesimo Congresso del Partito negli anni zero
Sepolti nella terra santa del post proletariato mondiale
Amabili e pieni di amarezza
Chiedendo al Parlamento di poter potare i loro peni patriottici
Senza una sfilata
Senza una pellicola
Senza una poesia
Dove vomitare tutto l’ingiusto tempo umano che ebbero in sorte.
Orlando Luis Pardo Lazo
(da Lunes de post-revolución, 20 giugno 2010)
Traduzione di Gordiano Lupi
In questa poesia Orlando Luis Pardo Lazo (1971) – forse il più letterario dei blogger alternativi cubani – analizza la situazione degli omosessuali a Cuba nel corso degli anni. Sono molte le allusioni letterarie al destino di Heberto Padilla e di Virgilio Piñera, ma fondamentalmente chiede che non vengano dimenticate vecchie ingiustizie alla luce di un po’ di retorica contemporanea. Orlando è un poeta che gioca molto sulle assonanze linguistiche, speso intraducibili in italiano. Gestisce due blog: Boring Home Utopics – che pubblica le sue stupende fotografie dell’Avana – e Lunes de post-revolución – che contiene riflessioni poetico-narrative sulla Cuba contemporanea. Scrittore e fotografo di ottimo livello, fuori dai circuiti ufficiali perché non allineato, risiede in Centro Avana.