Essere cattivi, essere puliti, essere reazionari, essere lucidi, essere il migliore. Difficile compito per una generazione lasciata al margine dell’azione, soppiantata nella strada della paura, piantata nella strada della paura.
Che peccato. Potevamo arrivare così lontano, rendendo dinamico qualunque concetto carsico della nostra nozione di nazione.
Oggi cerco lo sguardo dei miei amici, che non ci sono più, e vedo solo vetri infami. Hanno rinunciato alle loro biografie in cambio di un po’ di tempo per non uccidere e per non farsi uccidere. Alla fine, ognuno si è ritirato nella codardia complice della sua piccola grotta.
Tormentati dall’azzardo dello zar, abbiamo lasciato soli noi stessi, nelle mani di adulti adulterati che usano protesi dentarie per i loro discorsi e fanno penosamente l’amore: nelle mani di missionari mediatici che coltivano la virtù invadente dell’avversione o dell’imbecillità, nelle mani di cubani con corazze senza cuore, nelle mani di fantasmi stipendiati che stigmatizzano oltre misura qualunque germoglio di nuova vita, nelle mani di guerrieri statali che mancano di grazia nel loro pedante patriottismo, perché i loro artigli grossolani sono sostenuti soltanto dall’ombra cinica delle truppe della Sicurezza Nazionale: sono soltanto marionette del bullismo ministeriale, che battono i piedi perché venga loro permesso un microfono merdoso alla radio o in televisione, oltre al conosciuto cartoncino bianco e a un elargito assegno in bianco per viaggiare. E davanti a un simile stato di mercenarismo intellettuale sarebbe ingenuo perdere cinque minuti di testo per esercitare il diritto di replica (è preferibile continuare a essere l’epicentro).
Essere narcisisti, essere anarchici, essere terrificanti, essere muti, essere il migliore. Difficile compito per una generazione che si è lasciata strappare la bellezza dell’azione, spostata nella strada della paura, prostituita nella strada della paura.
Che lusso. Potevamo arrivare così lontano, facendo saltare in aria qualunque concetto carsico della nostra nozione di nazione.
Orlando Luis Pardo Lazo
(da Lunes de post-revolución, 26 giugno 2010)
Traduzione di Gordiano Lupi
Orlando Luis Pardo Lazo (1971) è forse il più letterario dei blogger alternativi cubani e per questo non è facile tradurre i suoi testi in un buon italiano. Orlando è un poeta che gioca molto sulle assonanze linguistiche, speso intraducibili in italiano. Gestisce due blog: Boring Home Utopics – che pubblica le sue stupende fotografie dell’Avana – e Lunes de post-revolución – che contiene riflessioni poetico narrativa sulla Cuba contemporanea. Scrittore e fotografo di ottimo livello, fuori dai circuiti ufficiali perché non allineato, risiede in Centro Avana. Ha pubblicato alcune riviste cartacee e telematiche uscite irregolarmente. A Cuba ha pubblicato alcune pregevoli raccolte di racconti: Collage Karaoke (Letras Cubanas, 2001), Empezar de Cero (Extramuros, 2001), Ipatrías (Unicornio, 2005), Mi nombre es William Saroyan (Abril, 2006) e Boring Home (autoproduzione, 2009). Boring Home è la sua ultima opera – polemica e trasgressiva – presentata in maniera alternativa alla Fiera del Libro dell’Avana da Yoani Sánchez, ovviamente non solo fuori dal programma ma persino all’esterno della struttura, nel parco adiacente alla fortezza dove si teneva la Fiera. La sua mail è: orlandoluispardolazo@gmail.com