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Michel Foucault. Il potere psichiatrico e la microfisica del potere
Michel Foucault nella sua casa di Uppsala
Michel Foucault nella sua casa di Uppsala 
27 Giugno 2010
 
Bisognerebbe piuttosto mettersi nel punto in cui funziona il macchinario che effettua qualificazioni e squalificazioni, e mette i folli e i non–folli gli uni di fronte agli altri”.

 

 

Michel Foucault (1926-1984), cresciuto in una famiglia di medici, sceglie di studiare filosofia e psicologia all'Ecole Normale Supèrieure di Parigi sotto la guida di Merleau-Ponty, Hyppolite e Althusser. Affronta con grande disagio l’esperienza della propria omosessualità e in seguito a dei tentativi di suicidio, il padre vuole farlo ricoverare al Sante-Anne, ma Althusser lo dissuade.

Otterrà i suoi primi incarichi come assistente di psicologia all’Università di Lille. In seguito lavora come lettore presso l’Istituto di cultura di Uppsala e nel 1958 è incaricato a riaprire il centro di Civilisation Française all’Università di Varsavia; verrà espulso dalla Polonia a causa della sua omosessualità. Nel 1958 lavora come direttore all’Istituto culturale francese di Amburgo. Rientrato in Francia, insegna psicologia all’Università di Clermont-Ferrand.

La sua prima opera importante, Folie et déraison (Follia e sragione. Storia della follia nell’età classica), che era stata rifiutata dall’editore Gallimard, viene pubblicata nel 1961, grazie all’interessamento di Philippe Ariès. Nel 1966 cura con Deleuze l’edizione francese dell’opera omnia di Nietzsche e pubblica Le parole e le cose.

Dal 1966 al 1968 è titolare di una cattedra di filosofia presso l’Università di Tunisi, soprattutto in conseguenza del fatto che l’intellighenzia parigina, che gradisce poco la sua vita privata, ostacola la sua carriera universitaria in Francia. Alla fine degli anni ’60, tornato in Francia, insegna psicologia presso l’Università di Nanterre. In questo periodo si impegna formando con altri intellettuali il G.I.P., (Gruppo delle Informazioni della Prigione), un’organizzazione che ha cercato di fornire ai detenuti la possibilità di parlare in prima persona, per far sapere che cos’è il carcere e quello che vi accade realmente, attraverso inchieste fra i detenuti, al fine di denunciare i soprusi e le violenze a cui essi sono sottoposti.

Le sue ricerche, che gli conferiscono una posizione di primo piano tra i pensatori del suo tempo, si orientano verso lo studio dei processi di normalizzazione, cioè delle varie forme tramite le quali il potere ha tentato, nell’occidente moderno, di controllare gli individui e i loro corpi nello sforzo di contenere tutte le forme di disadattamento, devianza o non-allineamento rispetto alla norma costituita. Le sue riflessioni sulla medicalizzazione dei diversi sollevano alcune delle questioni che il filosofo approfondirà in La volontà di sapere. In La nascita della clinica (1963) proseguono le investigazioni sulla psichiatria, ricollegandosi alle sue prime ricerche, mentre la nascita del sistema carcerario verrà analizzato in Sorvegliare e punire (1975).

Nel 1971 ottiene una cattedra al Collège de France, la più prestigiosa istituzione culturale francese e vi insegna fino al giugno 1984. Il titolo del suo corso è Storia dei sistemi di pensiero. I professori del Collège de France hanno l’obbligo di impartire 26 ore di insegnamento all’anno e devono presentare ogni anno una ricerca originale. Può partecipare chiunque ai corsi, non è richiesta né iscrizione né titolo di studio. A Michel Foucault dispiacque la distanza e il ridotto scambio tra lui e il suo pubblico; intendeva infatti, il proprio insegnamento una ricerca, formulata quale invito lanciato agli uditori e a eventuali ricercatori futuri. «Si dovrebbe poter discutere quel che ho proposto. […] E dato che non c’è nessuna risposta di ritorno, il corso si teatralizza», commenta. «[…] E quando ho finito di parlare, un sentimento di solitudine totale».

Il testo del corso dell’anno accademico 1973-1974 dal titolo Le pouvoir psychiatrique, pubblicato per la prima volta nel 2003 (trad. it. Il potere psichiatrico, Feltrinelli, 2004), pervenuto a noi grazie alla registrazione da parte di alcuni uditori, è seguito dal riassunto pubblicato sull’Annuaire du Collège de France e dalla nota del curatore Jacques Lagrange.

Riprendendo i temi della Storia della follia nell’età classica, Foucault ripercorre qui i dispositivi che hanno permesso all’istituzione psichiatrica di collocarsi quale “panopticon” disciplinare / normalizzante all’interno dell’assetto sociale, e ne analizza le tecnologie di controllo.

L’idea alla base del panopticon (che fa vedere tutto) è che - grazie alla forma radiocentrica dell’edificio e ad opportuni accorgimenti architettonici e tecnologici - un unico guardiano potesse osservare (optikon) tutti (pan) i prigionieri in ogni momento, i quali non devono essere in grado di stabilire se sono osservati o meno, portando alla percezione di un'invisibile onniscienza. Diventa pertanto modello del potere che nella società contemporanea, non si cala più dall'alto, ma la pervade da dentro e si costruisce in una serie di relazioni di potere multiple, «un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima».

Prima del XVIII secolo la follia non era sistematicamente soggetta a internamento, ed era essenzialmente considerata come una forma dell’errore o dell’illusione, qualcosa che apparteneva alle chimere del mondo. Allo spazio artificiale dell’ospedale non veniva attribuita alcuna funzione terapeutica, che si riconosceva piuttosto alla natura: le prescrizioni mediche comprendevano «il viaggio, il riposo, la passeggiata, il ritiro, l’interruzione di ogni rapporto con il mondo artificiale e vano della città» e il teatro, che aveva il compito di svelare al “folle” il suo errore.

A partire dall’inizio del XIX secolo la follia viene vista non più in relazione all’errore, quanto alla condotta irregolare e anormale, dando avvio alla pratica dell’ospedalizzazione. «A partire da quel momento, essa non apparirà più come un’alterazione del giudizio, ma come un disturbo che interessa il modo di agire, di volere, di provare passioni, di prendere decisioni e di essere liberi».

Foucault ricostruisce l’emergere del fenomeno e descrive come l’infanzia sia diventata oggetto di intervento psichiatrico. Contribuisce a smascherare la truffa politica incorporata nel binomio follia/norma e a rendere «ovvia» la condanna morale della psichiatria basata sull'uso della forza fisica e della coercizione ideologica.

Contrariamente all’ospedale pasteuriano, dove la funzione di produrre la verità da parte del medico scompare dentro una struttura di conoscenza, la funzione di «produzione di verità» dello psichiatra diventa ipertrofica. Gli effetti del potere conferito alle teorie psichiatriche raggiungono «il punto di massima perfezione», quando le famose isteriche del reparto di Charcot «si sono messe a riprodurre, su richiesta del potere-sapere del medico, una sintomatologia modellata sull’epilessia, vale a dire suscettibile di essere decifrata, individuata e riconosciuta nei termini di una malattia organica». La crisi della psichiatria sarebbe stata determinata nel momento in cui si è fatta strada la certezza, che di fatto fosse «Charcot a produrre la crisi di isteria che descriveva».

Foucault avanza l’ipotesi, che nella nostra società esista qualcosa che si può definire potere disciplinare. Si tratta di una forma terminale, capillare del potere, una determinata modalità attraverso la quale il potere politico – i poteri in generale – arriva a toccare i corpi, a far presa su di essi, a registrare i gesti, i comportamenti, le abitudini, le parole. È il modo in cui «questi poteri, concentrandosi in basso fino a investire gli stessi corpi individuali, lavorano, plasmano, modificano, dirigono, quel che Servan chiamava “le fibre molli del cervello”». L’autore definisce questo potere disciplinare una modalità che si potrebbe chiamare contatto sinaptico corpi-potere.

Prendendo avvio dalla ricostruzione storica dei dispositivi disciplinari, formatisi all’interno dei dispositivi di sovranità a partire dalla società feudale dell’undicesimo e dodicesimo secolo, in primo luogo nelle comunità religiose, Foucault ne prosegue la ricostruzione storica soffermandosi sul disciplinamento delle comunità di studenti e professori, fluide e in perenne fermento, che sino alla fine del XV e all’inizio del XVI secolo, avevano conservato una loro autonomia, le loro regole di mobilità, mantenendo dei legami con le sommosse popolari. Il disciplinamento di questa gioventù studentesca ha istituito «uno dei primi punti di applicazione e di estensione del sistema disciplinare».

L’autore arriva poi a ricomporre la progressiva definizione, nel corso del XIX secolo, della nozione di anormalità, quando la cosiddetta malattia mentale diventa vantaggiosa nel momento stesso in cui comincia con l’intrecciarsi sempre più con il profitto privato.

L’itinerario che Foucault costruisce, di lezione in lezione, è tanto ricco e articolato, da vanificare il tentativo di rendere conto, nello spazio di un articolo, del periplo compiuto tra l’inizio e la fine del corso.

A conclusione, una citazione dal libro: «La funzione dell’ospedale psichiatrico, a differenza di quello di medicina generale, sarà precisamente quella di conferire realtà alla follia, di aprire alla follia uno spazio di realizzazione. L’ospedale psichiatrico esiste affinché la follia diventi reale, mentre l’ospedale in quanto tale ha la funzione di far sì che si sappia cos’è la malattia e di renderne possibile l’eliminazione».

 

Erveda Sansi

(da 'l Gazetin, marzo 2009)


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Vincenzo Jannuzzi,
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