Francesca Mazzucato
Train du rêve
Giraldi Editore, 2006, pagg. 243, € 12,50
Francesca Mazzucato abbandona l’erotismo raffinato dei suoi precedenti lavori per rispondere all’esigenza di comporre un’opera molto letteraria, a metà strada tra il racconto onirico-fantastico e una galleria di personaggi che vanno oltre il crudo realismo. Train du rêve non è un romanzo ma una raccolta di storie di vita che profuma di salmastro, composta di arrivi, partenze e tanta nostalgia del passato. Incontriamo personaggi come Taddeo, il poeta plebeo che è stato ospite al Costano Show e ha sognato il successo, ma alla fine è tornato a Imperia e alla sua vita anonima. Conosciamo l’insonne che morde una pipa di schiuma, tenta di fare il ladro di sogni, colleziona benzodiazepine e tenta disperatamente di dormire. Ci sono anche un ferroviere sentimentale, un creatore di atmosfere, una donna povera che fa la spesa all’Oviesse, una nobile decaduta che rimpiange il passato, uno sniffatore di pianerottoli che annusa le case per capire il senso della vita, uno che sa tutto sulla storia di Imperia, una grande obesa, un uomo dalla vita inutile…
Francesca Mazzucato compone un romanzo corale immerso in un clima fantastico che ricorda le atmosfere zavattiniane di Miracolo a Milano. I viaggi della scrittrice da Bologna a Ventimiglia sono scanditi dai pensieri e dalle note dolenti delle canzoni di Enzo Jannacci (Andava a Rogoredo), ma anche dalle immagini del film di De Sica (i poveri che volano a cavallo di scope). Nel romanzo incontriamo pagine di pura poesia come la leggenda della Sill, una storia di mare e ferrovia, due elementi fondamentali del libro. Una donna che «viene dal mare e conserva nel cuore la rivolta collerica dell’acqua, infinita distesa di smeraldo, insieme al calore della sabbia sul bordo, sabbia granulosa mista a ghirigori di conchiglie, frammenti, rifiuti e mozziconi». Francesca Mazzucato racconta le esistenze surreali delle persone che incontra sui treni e nelle stazioni, ma tra una storia fantastica e un sogno infranto trova il modo di affrontare il tema delle nuove povertà e delle famiglie dove si lavora in due per millequattrocento euro al mese. Non solo. L’autrice parla anche del telefonino, ormai uno status symbol tra i giovani, e della televisione che trasmette solo spazzatura e reality show (e la differenza è poca). Le città che vengono tratteggiate con pennellate da vera artista. Sanremo è una sorta di Las Vegas dei poveri che vampirizza i suoi abitanti fino a renderli uguali a se stessa. Ventimiglia è città di confine composta da emigranti, un luogo del sud solo per caso capitato al nord, un posto dove non si vorrebbe tornare ma si finisce per approdarci ancora. Imperia è la patria di un assurdo poeta e di uno storico bislacco che conosce ogni evento del passato di una città artificiale attraversata da un fiume.
Il viaggio è il vero protagonista del libro e se «le partenze sono come libri da sfogliare» pare evidente che il mare è l’unico luogo dove si desidera tornare, spinti dalla nostalgia per le onde e per il sapore del sale. Francesca Mazzucato dimostra di aver raggiunto una piena maturità stilistica e la sua penna raffinata è capace di comporre atmosfere nostalgiche e malinconiche. Train du rêve non è un libro facile, di quelli che si leggono prima di andare a dormire, però è uno di quei libri dove si sente scorrere il sangue di chi li ha scritti. E ogni tanto fa bene scoprire nella narrativa italiana contemporanea qualche pagina di vera letteratura.
Gordiano Lupi