Il medico dissidente Darsi Ferrer martedì è tornato a casa, dove sconterà i quattro mesi restanti della pena di un anno e tre mesi che gli sono stati imposti da un tribunale dell’Avana.
«Adesso sento ancora di più il mio impegno e la mia responsabilità affinché a Cuba si possa vivere nel pieno rispetto dei diritti umani, perché tutti possiamo essere considerati uguali e si rispettino le libertà e i diritti fondamentali delle persone», ha detto Ferrer, 40 anni, direttore dell’oppositore Centro di Salute e Diritti Umani Juan Bruno Zayas.
Ferrer è stato accusato di “favoreggiamento” e “oltraggio”, delitti per i quali il Pubblico Ministero aveva chiesto tre anni di carcere. È stato recluso per 11 mesi nel carcere di Valle Grande, all’Avana, in attesa di essere giudicato.
«Ho provato sulla mia pelle quel che stanno vivendo i miei fratelli di lotta che per le loro idee politiche hanno passato sette lunghi anni nelle mie stesse condizioni, barbare e difficili», ha aggiunto alludendo ai 52 oppositori del gruppo dei 75, incarcerati nel 2003 che ancora si trovano in prigione.
«Per questo motivo quella che dovrebbe essere una giornata allegra, perché sono di nuovo con la mia famiglia, conserva una parte di sofferenza», ha precisato.
Darsi Ferrer ha rincarato: «La celebrazione del mio giudizio dopo 11 mesi di carcere conferma le violazioni dei procedimenti e dei termini legali. Non è stato mai provato che avevo commesso un reato. Sono del tutto innocente e sono stato semplicemente punito dalla Sicurezza di Stato per le mie idee».
In ogni caso il medico ha aggiunto che gli piacerebbe pensare che la sentenza che lo riguarda «sia motivo o conseguenza» del processo di dialogo cominciato tra la Chiesa Cattolica cubana e il governo, che ha dato come primi risultati la scarcerazione di un prigioniero politico molto malato e il trasferimento di dodici prigionieri in carceri vicini ai loro luoghi di residenza.
«Ho visto che per la prima volta il governo riconosce un’istituzione indipendente della società civile e le concede un ruolo di mediazione», ha detto.
Come dice Yoani Sánchez nel suo Twitter, le autorità hanno permesso solo la presenza di familiari all’interno del tribunale, ma fuori dell’aula si sono radunati una trentina di dissidenti. Alcuni hanno gridato: “Libertà!”. Diversi diplomatici, tra questi uno della Sezione di Interessi degli Stati Uniti all’Avana e un altro della Gran Bretagna, si trovavano di fronte al tribunale.
Elizardo Sánchez, presidente della Commissione Cubana dei Diritti Umani e Riconciliazione Nazionale (CCDHRN) ha detto che, a suo giudizio, le imputazioni rivolte a Ferrer sono state «un pretesto» per «toglierlo di circolazione». Si è trattato di una punizione «arbitraria», anche se «il governo avrebbe potuto imporre una condanna maggiore e solo il caso ha voluto che non lo abbia fatto», ha detto Sánchez. Il leader della CCDHRN ha aggiunto: «Ferrer si potrà muovere liberamente, ma si suppone che non potrà partecipare a manifestazioni politiche pubbliche come era abituato a fare, perché correrebbe il rischio di essere incarcerato di nuovo».
Ferrer è noto per aver organizzato negli ultimi anni diverse marce all’Avana per la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, che si celebra il 10 dicembre. Si ricordano anche le sue denunce sistematiche sulla situazione del sistema di salute cubano, che sono state pubblicate su periodici stranieri. Nel febbraio scorso Amnesty International lo aveva dichiarato “prigioniero di coscienza”.
Gordiano Lupi
Fonte: Diario De Cuba