Scusate, abbiamo scherzato!, così si potrebbe titolare il capitolo finale di questa assurda vicenda che si era fermata all'ordine di rimuovere dall'archivio web del periodico 'l Gazetin alcuni articoli pubblicati dieci anni prima. Ma poiché non è certo faccenda da prendere sul ridere, ché anzi la massa dell'iceberg che quella punta indicava è questione semmai letteralmente drammatica, restiamo seri e veniamo subito al dunque.
È stata resa nota nei giorni scorsi la decisione assunta dal Tribunale di Sondrio, nelle persone dei magistrati Dr Gianfranco D'Aietti, Presidente, Dr Barbara Licitra, Giudice, e Dr Francesco Sora, Giudice relatore, in merito al ricorso (tecnicamente chiamato reclamo) contro la citata ordinanza che, come ricorderete, risale al marzo scorso. Ebbene, sciogliendo la riserva adottata nell'udienza del 6 maggio, il collegio ha disposto la revoca dell'ordinanza reclamata, accogliendo perciò la tesi difensiva avanzata da LABOS Editrice con l'assistenza dell'Avv. Franca Alessio. Così almeno nella sostanza, e cioè nell'equiparazione da noi subito colta del provvedimento ch'era stato inopinatamente adottato dal primo Giudice a un “sequestro” (della stampa) e quindi la grave violazione dell'art. 21 della Costituzione (al ripasso del quale il giornale ha dedicato la copertina dell'edizione speciale aprile-maggio), perché nel merito le motivazioni, articolate e complesse, richiederanno poi un esame più approfondito. «Il provvedimento impugnato in questa sede» si legge infatti nella pronuncia del Tribunale «...integra sostanzialmente un sequestro preventivo al quale non è applicabile il disposto del secondo comma dell'art. 1 citato (R.D.lgs. n. 561/46, ndr), che consente solo il sequestro probatorio...;/ pertanto, non potendosi procedere al sequestro della stampa on line se non a seguito di sentenza definitiva di condanna che accerti l'illiceità della pubblicazione contestata (attualmente non ancora intervenuta), il reclamo va accolto, essendo l'ordinanza cautelare impugnata in contrasto con l'art. 21 c. 2 Cost. e art. 1 RDlgs 561/46...» (il neretto è ns., qui e di seguito, ndr). E la rilevanza della “libertà di espressione” viene ulteriormente ribadita anche laddove, per quanto riguarda «la tutela del concorrente diritto all'onore», viene richiamata la «tutela tipica della rettifica consentita dall'art. 8» della legge sulla stampa ed evidenziato che, «nella specie, peraltro, la reclamante (LABOS Editrice, ndr) ha eseguito la pubblicazione della sentenza della stessa Corte così realizzando comunque ed in concreto quel bilanciamento di tutela degli opposti interessi costituzionalmente garantiti...»
Una decisione importante, dunque, e che accogliamo favorevolmente perché va a raddrizzare (solo temporaneamente? - Vedremo...) una delle tante cose storte riscontrate e puntualmente documentate con la nostra attività giornalistica nella malaccorta conduzione del fallimento Gianoncelli. Anche nella ripartizione delle spese di lite, e ancora qui prescindendo dalla «complessità della questione giuridica» che vi è sottesa, si può infatti rilevare la preminenza già evidenziata nella «condanna» dell'improvvido Curatore «a rifondere» a LABOS «la metà delle spese di lite» (di primo grado e del reclamo). Sul perché, a questo punto, solo della metà e non dell'intero ammontare, possiamo tranquillamente associarci alla richiesta che avanzava l'ADUC a proposito del caso di Firenze – circa il pretendere che la giustizia non proceda con “un colpo alla botte e un colpo al cerchio” – ma nelle condizioni date e che anche tutti voi ormai ben conoscete ci accontentiamo anche del segnale e dell'indicazione che con precisione ci sembrano sortire, intanto, dall'odierna ordinanza.
Enea Sansi