Eva e Adamo, soprattutto Eva. Sono tre le storie che il regista Vittorio Moroni ha voluto seguire con la sua cinepresa, in modo estremamente realistico e sincero. E sono tre storie di altrettante coppie, vite vissute in cui a determinarne le sorti sono in particolare le donne.
Legami non semplici: Erika, settantenne, ha una relazione con un uomo molto più giovane di lei e nero. Due tabù non facili da abbattere. Veronica è sposata con un uomo tetraplegico che deve accudire come i due figli da lui avuti, in solitudine perché intorno a lei non ci sono le due famiglie d’origine, entrambe – si intuisce – poco favorevoli alla relazione. Infine la giovane Deborah, telefonista erotica che convive con un ragazzo in una situazione di vita precaria, senza lavoro, con un figlio neonato, senza prospettive.
Tutto è messo sotto l’occhio distaccato della telecamera, le vite scorrono nella loro quotidianità ed è così che vengono riprese e restituite allo spettatore, senza giudizio, senza intervento diretto del regista. Una formula molto interessante che fa di Eva e Adamo un docu-film, sul genere del precedente apprezzatissimo Le ferie di Licu (lì si narrava la storia di Licu, bengalese, e del suo matrimonio combinato) sempre di Moroni, opera da cui parte anche questo suo ultimo lavoro.
Molto spesso accadeva che gli spettatori di quel film sottolineassero quanto diversa è la situazione in occidente, rispetto ai Paesi islamici, nel rapporto uomo-donna – dice l’autore. – È consolidato il parere che da noi ci sia un’assoluta libertà nel gestire le relazioni amorose, e quindi anche il matrimonio, un’idea di un amore più puro. Di questo non ero assolutamente convinto: non vedo l’amore come qualcosa di puro, bensì come qualcosa di contaminato, amalgamato ad altre necessità. Ed è ciò che ho voluto affrontare in Eva e Adamo.
A volte i protagonisti - e si tratta, non di attori ma dei reali personaggi che interpretano se stessi – rispondono a ipotetiche domande, altre volte sono i loro sguardi a parlare, i loro passi nelle rispettive esistenze…
E a rimanere presente durante tutto il film pare essere la domanda “Questo è amore? Ed è amore libero?”. Certamente testimonianza di una realtà, senza artificio se non quello di sapersi di fronte a una telecamera, ed ecco allora emergere tipologie d’amore non catalogabile in schemi assoluti che rimandino a libere romanticherie. C’è invece sempre qualcosa in più, qualcosa che impedisce di avere un’opinione precisa, niente appare semplicemente libero e voluto. C’è l’idea d’amore declinato al sacrificio oppure alla dedizione totale, o quella di un amore che sconfina nell’egoismo di risentirsi al centro della propria vita, artefici di scelte e di possibilità future nonostante limitazioni di vario tipo. C’è la condivisione di solitudini, di emarginazione, di desiderio di riscatto. Sono, queste tre donne, personaggi di frontiera – continua il regista – che sfidano le convenzioni, tentando forse di inaugurare nuove possibilità per la nostra società che ancora non è in grado di metabolizzarne le storie. Apparentemente estreme, ritengo in realtà che abbiano molto in comune con le vicende quotidiane di tutti noi. Ed è questo essere sul limite, tra l’eccezionalità e la normalità a fornire la chiave, a quanto pare, della regia e a stimolare la discussione negli spettatori.
Di tutto questo ci parla Moroni, di come tra le parole Ti amo non vi sia soltanto l’apostrofo rosa di un bacio di Cyraniana memoria, ma altrettanto spesso una summa di necessità più o meno consce che non sempre agiscono nel senso di creare un legame maturo e onesto, ma a volte incorrono in velati ricatti emotivi. Perché è davvero nel chiaroscuro che si muovono le vite di ognuno di noi.
Annagloria Del Piano
P.S. - Da qualche giorno è disponibile il DVD distribuito da Koch Media, costo 14,90 Euro, con -negli extra- due cortometraggi dello stesso autore (Santina, una storia italiana ed Eccesso di zelo).