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Lo Stato ipocrita o magnaccia?  
Fisco e prostituzione, accertamenti esattoriali, tasse e diritti negati
08 Giugno 2010
 

L'ipocrisia in materia di prostituzione tocca punti grotteschi. L'attività non viene riconosciuta dallo Stato, ma lo stesso chiede tramite l'Agenzia delle Entrate che i proventi siano assoggettati al fisco. L'ultima sentenza 109/10/10 della Commissione tributaria del Lazio depositata lo scorso 3 maggio: i guadagni di una prostituta che non riesce a dimostrare che gli stessi siano dovuti ad attività illecita sono assoggettati al Fisco.

Ma come farebbe una prostituta a dimostrarlo se l'attività è illecita? Lo Stato rischia di essere paragonabile ad uno sfruttatore perché ‘esige’ o ‘estorce’ balzelli dai proventi della prostituzione, attività che non riconosce.

Di fronte alle richieste dello Stato alle prostitute di pagare le tasse sulla loro attività, diventa ancora più urgente varare una legge su un ambito lasciato senza alcuna regolamentazione, tanto urgente da avere depositato già dal primo giorno della legislatura, un disegno di legge in materia con il senatore Marco Perduca. Un ddl in tre articoli per il riconoscimento dell’attività di ‘prestazione di servizi sessuali remunerati tra persone maggiorenni consenzienti’. Due i regolamenti previsti, uno per i controlli igienico-sanitari, l’altro per il fisco. E proprio sulle richieste di tasse alle prostitute abbiamo depositato una interrogazione parlamentare che da oltre due anni aspetta una risposta in cui si chiede al Governo una ‘interpretazione uniforme’ alla quale l’Agenzia delle Entrate si attenga per il trattamento fiscale dei redditi derivanti dalla prostituzione. Questo sempre in attesa di una legge che ponga fine all’attuale situazione di incertezza, ma che provoca anche lo sfruttamento di tante donne. Nel luglio del 2008 al Senato abbiamo organizzato un incontro per illustrare una serie di cartelle inviate a prostitute disponibili a pagare le tasse, a fronte di un riconoscimento della loro attività!

 

Donatella Poretti


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