Lei lavorava in una filiale dell’unica impresa di telecomunicazioni del paese. Il suo lavoro consisteva nell’impacchettare – in borse di tela scura – le monete raccolte dai telefoni pubblici. Una macchina aveva il compito di contare quel tintinnio sonoro e di predisporlo nel modo in cui sarebbe stato portato in banca. Durante questo procedimento le mani si trovavano per poco tempo in contatto con il denaro tentatore; ma chi progettò il meccanismo non tenne conto che la necessità avrebbe escogitato la maniera per soddisfare le esigenze. E così questa donna coraggiosa cercava tra le monete da 5 e 20 centesimi quel colore giallo che tradiva la presenza di un peso cubano e lo separava da sola. Le sue dita passavano al vaglio minuziosamente i guadagni dello Stato, esaminavano ciò che era già stato precedentemente esaminato da altri.
Collocava il denaro sottratto in mucchietti cilindrici che – avvolti nel nylon – andavano a finire all’interno della sua vagina. Riempiva anche vari sacchetti intorno alla vita, mentre la sua compagna di lavoro vigilava dalla porta di vetro per vedere se veniva qualcuno. Nell’ufficio adiacente si verificava la stessa appropriazione indebita, perché un signore dall’aspetto molto serio si metteva a entrambi i lati delle caviglie involucri che contenevano tra le dieci e le quindici monete. A fine giornata potevano rubare fino a duecento pesos, durante un’operazione che ripetevano da diversi anni. Una buona parte dei lavoratori del centro di riscossione conosceva questi sotterfugi, ma a nessuno era mai sembrata una cosa riprovevole appropriarsi dei guadagni di un’impresa che paga ai suoi impiegati salari così irrisori.
Un giorno fu aperta un’indagine segreta per stabilire perché la telefonia pubblica presentava dividendi così modesti. Misero telecamere nascoste nel luogo dove lei lavorava, proprio accanto alla lampada che illuminava tutte le sua attività contrarie alla legge. Nelle riprese che durano alcuni minuti si vede lei impegnata – con la complicità di diversi colleghi – in una sfrenata appropriazione indebita che avrebbe potuto condurla direttamente in galera. Quando la scoprirono si giustificò dicendo che solo in quel modo poteva dar da mangiare alla sua famiglia, che da poco tempo si dedicava a quel tipo di attività e che le persone accanto a lei facevano la stessa cosa. Non raccontò, per pudore, che pure in quella giornata nascondeva nelle sue parti intime la cifra di 30 pesos; ma non fu necessario, perché una donna rozza e vestita in uniforme militare le gridò di spogliarsi.