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Ernesto Morales. Il ruolo degli intellettuali
Reinaldo Escobar
Reinaldo Escobar 
21 Maggio 2010
 

E. Morales – Reinaldo, a volte mi capita di pensare al ruolo degli intellettuali nella nostra società. Ascolto le canzoni di musicisti che potremmo definire di protesta, leggo la letteratura di alcuni scrittori che narrano la realtà quotidiana e mi faccio una domanda: In quale misura gli artisti, gli uomini di pensiero, hanno influenzato in maniera determinante la nostra realtà e fino a quale punto sono stati soltanto cronisti che descrivono cosa succede, senza mai andare oltre? Nel vostro caso, quale sarà il risultato concreto dei blog che scrivete e dello spazio che si fa chiamare blogosfera alternativa? Quale sarà la vera influenza sulla realtà di quel che state facendo? 

 

R. Escobar Sto per fare un esempio che può sembrare esagerato, ma illustra molto bene ciò che credo. Bada bene, non si tratta di un esempio tra persone, ma tra situazioni. José Martí è l’Apostolo dell’indipendenza cubana. L’uomo che costruì nella sua mente la nazione che tutti - un giorno o l’altro - vorremmo avere. Tuttavia, mi sono sempre chiesto quanti uomini che cavalcavano con un machete in mano e parteciparono con lui alla guerra, abbiano letto un suo testo. José Martí scriveva sul periodico Patria e su La Nación di Buenos Aires, tra i tanti media con cui collaborava, ma questi giornali non si vendevano nelle edicole cubane. La sua opera è stata conosciuta soltanto dopo. Ma qualcuno potrebbe negare l’enorme influenza che ebbe Martí nel raggiungimento dell’indipendenza e nella guerra del 95? Quindi, il fatto che le persone non conoscano in modo chiaro il tuo lavoro non implica che quel che fai non influenzi la situazione. Faccio questo esempio perché sono convinto che oggi molte persone leggono i giornalisti indipendenti e i blogger alternativi, attingendo briciole di libertà. Di sicuro molte più persone di quante alla fine del 1800 leggessero i testi di Martí.

Poi ti dico che in certi casi si esalta eccessivamente il ruolo degli intellettuali nei cambiamenti sociali. Io penso che gli intellettuali sono una coscienza critica della società, che hanno un ruolo importantissimo, ma che non possono provocare il cambiamento definitivo. La società cambia perché deve farlo, perché esistono i problemi, le persone si stancano di vivere in un certo modo e prima o dopo arrivano le soluzioni. La responsabilità che hanno gli intellettuali è innegabile, ma questo non vuol dire che senza di loro non accadrebbero le cose. Che Guevara scrisse nel 1962 un testo di cui si parla molto, un saggio intitolato L’uomo e il Socialismo a Cuba. Quando parla degli intellettuali cubani, dice che erano macchiati da un peccato originale: non erano stati rivoluzionari. Un’accusa che non è del tutto falsa, perché in definitiva i redattori della rivista Origines, Alejo Carpentier, Guillén (che si trovava in esilio) e Alicia Alonso non fecero niente in maniera diretta né per la Rivoluzione né contro Batista. Ma facevano qualcosa di molto importante: nutrivano l’anima della nazione. Non avevano scritto parole incendiarie, né sparato un colpo sulla Sierra Maestra, ma erano ugualmente importanti, perché una nazione con un’anima ben nutrita non sopporta una dittatura... Per molto tempo ho visto in questa accusa di Che Guevara un valido argomento, ma oggi quando tento di stabilire un’analogia tra questa dittatura che abbiamo e la precedente nella quale gli intellettuali non parteciparono alla lotta, la prima cosa che mi dico è: Reinaldo, tu non devi pensare come Che Guevara. Non sarò certo io a dire che gli intellettuali si stanno macchiando del peccato originale di sempre perché non lottano contro chi dovrebbero. Quando vado a vedere una buona opera di teatro, di danza, oppure quando mi reco a un grande concerto, mi rendo conto che un artista sta gratificando un individuo, sta trasmettendo valori umani alle persone, sta dicendo a chi ascolta: Tu sei un individuo, anche se non parla delle difficoltà e non si esprime contro la dittatura, secondo me sta compiendo un’azione contestatrice. Perché una dittatura non funziona se esistono individui, esseri umani liberi, ma va avanti solo con gente meccanizzata e priva di un’individualità, di una vera e propria anima. Secondo me è sufficiente che gli artisti e gli intellettuali alimentino la sensibilità individuale, soltanto in questo modo staranno facendo quello che è nella loro responsabilità.

 

Ernesto Morales

ernestomorales@gmail.com

Traduzione di Gordiano Lupi

 

11. Segue alla prossima puntata...


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