E. Morales – Yoani, quando si leggono articoli sul tuo conto, quando si cercano informazioni, persino quando il tuo caso viene dibattuto nei circoli intellettuali, scopriamo che uno degli attacchi più frequenti che ti viene fatto è quello di classificarti come una provocatrice. In pratica dicono: Si traveste con una parrucca e va a una riunione senza essere invitata, oppure apre uno striscione durante un concerto di Pablo Milanés, perché è una provocatrice che vive di queste cose. Cosa puoi dire in tua difesa?”
Y. Sánchez – Senti, per molti anni mi sono considerata una persona con il dono dell’invisibilità. Nel senso che passavo per strada senza che nessuno mi notasse, e questa cosa mi piaceva parecchio. Credo che uno dei maggiori costi personali che mi ha portato il mio blog sia proprio un eccesso di visibilità che in certi momenti risulta fastidioso, soprattutto per una persona naturale come me. (Yoani fa una breve pausa, cambia leggermente la voce, comprendo che ha dovuto ascoltare tante volte questa accusa e i suoi argomenti devono essere più che pronti). A mio parere definire una provocazione il fatto che io voglia partecipare a un dibattito su un tema come Internet, che mi è così vicino, e dove considero un crimine escludere una parte importantissima di cubani che usa la rete per comunicare (come la blogosfera alternativa), credo che voglia dire limitare i diritti di un cittadino a un territorio molto ridotto. Non si può considerare una provocazione tentare di entrare in un posto dove si sta svolgendo un un simile dibattito. D’altra parte la vita ha dimostrato che se non ci fossi andata con la parrucca non mi avrebbero lasciata entrare perché molte altre persone della blogosfera alternativa sono rimaste fuori. Ho preso il microfono, ho parlato con la mia voce pacata, ho detto che non comprendevo perché alcuni blogger venivano censurati. Non ho gridato, non ho insultato nessuno. Pertanto, considerare un simile atto come una provocazione mi sembra un modo piuttosto sbrigativo e superficiale di giudicare. Al tempo stesso mi pare assurdo considerare una provocazione che un cittadino esca con uno striscione dove sta scritto il nome di un cantante rock (Gorki) e decida di mostrarlo in un concerto. Chiunque veda cose simili come atteggiamenti fuori dai limiti, pensa in maniera preconcetta che un cittadino non possa fare niente, visione con la quale non posso essere d’accordo.
In ogni caso, come dico sempre ai miei amici, ho portato gli occhiali e un apparecchio per i denti per 14 anni della mia vita e questa cosa mi ha abituata a sopportare insulti, zuffe e burle. Per questo qualunque cosa mi dicano penso: probabilmente hanno ragione. E lo dico sul serio. Ci sono persone che pensano che io sia una provocatrice. Posso convivere perfettamente con loro. Il problema è che loro non possono convivere con me. Loro mi danno della provocatrice e io posso pure accettarlo, ma se io rispondo: voi siete degli intolleranti, siete dei settari, allora si fanno rossi in viso, si gonfiano, si rivoltano e mi vomitano in faccia. Evidentemente c’è qualcosa che non funziona nella chimica cittadina di questo paese. Io, se qualcuno me lo dice, rispondo: discutiamone, dimostramelo, probabilmente puoi farlo, allora fammi una caricatura e attaccami il cartellino di provocatrice. Ma lasciami esprimere. Perché i provocatori hanno il diritto di esprimersi. Non solo, la provocazione è un elemento di cambiamento. Il provocatore in una società fa quel che ha fatto Lennon: canzoni meravigliose. Il provocatore in una società fa quel che ha fatto Thomas Mann: romanzi meravigliosi. Il provocatore in una società fa quel che ha fatto Gandhi in India: porta la libertà. Allora, che siano benvenuti i provocatori, che non hanno niente a che fare con terroristi, prevaricatori e intolleranti.
Provocatore è un termine dinamico, che modifica le cose, e pertanto, rivoluzionario.
Ernesto Morales
ernestomorales@gmail.com
Traduzione di Gordiano Lupi
7. Segue alla prossima puntata...