La voce all’altro capo del telefono è molto fraterna. Reinaldo Escobar, un uomo con cui non avevo mai scambiato una parola, risponde alla mia richiesta con una tale presenza d’animo da demolire ogni freddezza tra sconosciuti.
«Se non è molto complicato» dice Reinaldo «domani alle 9 terremo nel nostro appartamento un altro incontro dell’Accademia Blogger. Puoi venire anche tu, concordare con Yoani la tua intervista, o se si presenta l’opportunità, puoi farla subito». Subito dopo si è dilungato in una dettagliata spiegazione perché anche un non avanero come me fosse capace di raggiungere l’appartamento di Yoani Sánchez. Ricordo con simpatia quando ha cominciato a dire: «Raggiungi Piazza della Rivoluzione. Da lì, prosegui il cammino nella direzione verso cui Che Guevara guarda in lontananza…». Ricordo di aver avvertito la notevole e finissima ironia: l’appartamento di Yoani Sánchez e Reinaldo Escobar, due rilevanti figure della reazione antigovernativa cubana, è situato al quattordicesimo piano di un edificio yugoslavo che dà le spalle a Piazza della Rivoluzione, il Sancta Sanctorum del Governo cubano.
Poco dopo le 10 della mattina del giorno seguente, bussavo a una porta dove una bandiera cubana in miniatura, con su scritto “Internet per tutti”, era stata messa come benvenuto.
Ha aperto la porta proprio Yoani. Il suo viso era al tempo stesso gracile e sorridente. Davanti a me, circa trenta persone sedute su sedie di plastica guardavano verso una parete dove un video proiettore mostrava immagini. Era l’Accademia Blogger in pieno svolgimento.
Proprio in quel momento, mentre uno dei membri si è alzato per cedermi una delle due sedie dove era seduto (il suo nome è Juan Juan Almeida, figlio dello scomparso Comandante della Rivoluzione Juan Almeida Bosque) ho avvertito qualcosa che qualche ora dopo avrei commentato con Yoani: l’atmosfera spregiudicata che emanava quel luogo dove una trentina di cubani di tutte le età imparavano a costruire, editare e redarre un sito Internet. E dove ognuno dei presenti aveva assoluta libertà di chiedere ed esprimere opinioni, essere in disaccordo o scherzare, senza che norme scolastiche o ideologiche limitassero la naturalezza dello spazio.
Non potevo trattenermi molto. Ho concordato con Reinaldo un incontro notturno, nello stesso luogo. Non ho potuto resistere alla tentazione e sono uscito sul balcone per guardare L’Avana dal quattordicesimo piano. La vista panoramica dalla quale una donna poco più che trentenne saluta e percepisce la realtà circostante, mentre annaffia le piante e quando annusa la città sottostante. Una porzione di realtà che dopo trasformerà in brevi post: l’armatura invisibile, soggettiva, che sostiene ciò che lei ha battezzato Generación Y. Ho scattato un paio di foto. Dopo, dispiaciuto di lasciare la sala in piena lezione, me ne sono andato.
Ernesto Morales
ernestomorales25@gmail.com
Traduzione di Gordiano Lupi
L’intervista alla prossima puntata…