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Maria G. Di Rienzo. Leonora e la foresta
15 Aprile 2010
 

Gli uomini armati arrivano al tramonto, circondano la casa in cui si trova un'anziana suora cattolica. È deciso: Leonora Brunetto, che da decenni difende i poveri, i senzaterra, i lavoratori, che da decenni blocca con il corpo e le parole i ladri della terra amazzonica, deve morire. Deve finire nell'elenco dei 1.200 difensori della foresta pluviale (attivisti, contadini, giudici) che sono stati assassinati dall'omicidio di Chico Mendes in poi (1988). Ma prima che possano portarla fuori e ucciderla, arriva un camion pieno di povera gente, che si mette tra Leonora e i sicari. Questi ultimi arretrano, non sanno se devono sparare su tutta quella folla, esitano, se ne vanno.

Da quando questo accadde, tre anni fa, Leonora Brunetto è raramente fuori di vista delle sue “guardie disarmate”. La vanno a prendere alla stazione degli autobus, la riportano a casa, da un lavoratore rurale a un altro, da un ufficio federale a un villaggio, per tutto il Mato Grosso. Leonora segue i casi dei piccoli agricoltori che lottano per la terra. Aiuta gli analfabeti a scrivere le loro denunce e richieste. Incontra i funzionari pubblici in nome loro.

L'episodio del 2007 è solo uno degli incontri ravvicinati con la morte di questa donna di 64 anni, che misura un metro e mezzo d'altezza e pesa forse cinquanta chili. Ma mentre si muove fra i dimostranti che campeggiano su terre sterili, sollevando i loro spiriti, sembra una splendida, altissima, solida montagna. Pazientemente ascolta tutti, abbraccia tutti, risponde, discute.

Il Mato Grosso (giungla fitta, in portoghese) era un tempo una foresta pluviale, ma oggi è fatto per lo più di piantagioni di soia e di allevamenti di bestiame. Gli allevatori e i proprietari terrieri che governano la regione vivono bene: possono impiegare legioni di contadini privi di terra pagando quasi nulla. Questi lavoratori vivono in baracche fatte di rifiuti, senza elettricità o acqua corrente. «Pochi con troppo, troppi con così poco», commenta suor Leonora. «Come si può restare a braccia conserte di fronte a tanta ingiustizia? Io non posso».

«Sorella Leonora lotta per il popolo», dice Linda Maria de Jesus, cinquantanovenne accampata in una delle baracche, sull'orlo delle lacrime. «Viene minacciata di continuo, deve difendere la sua vita come noi. Ogni volta che la vediamo, in noi la speranza rinasce».

«Un tempo avevo la protezione della polizia militare», spiega Leonora Brunetto, «ma vi ho rinunciato presto. Ho così tanti amici minacciati di morte, che non hanno protezione alcuna. Come posso far da guida a questa gente se io sono protetta e loro no? E comunque, sono proprio loro a curarsi al meglio di me».

Il Brasile sta tentando di portare un briciolo di legge in questa terra di abusi sull'umanità e sull'ambiente: l'uso di uno speciale corpo di polizia ambientale ha fatto registrare nel 2009 un notevole abbassamento del livello di deforestazione.

Resta da vedere se il governo centrale riuscirà ad essere efficace nel proteggere coloro che proteggono la foresta.

«Mentirei se dicessi che non ho paura», sorride Leonora. «Mi guardo dietro le spalle di continuo. Ma allo stesso tempo ho fiducia. Le mie garanzie di sicurezza sono Dio e questa gente».

 

Maria G. Di Rienzo

(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 15 aprile 2010)


 
 
 
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