Si dibatte sul sistema elettorale, sul presidenzialismo e sul semipresidenzialismo, sulle liste chiuse, su quelle aperte alle preferenze (ma non c'eravamo già espressi con un referendum?), insomma, di quello che interessa alla maggioranza dei partiti e dei loro apparati. Di quello che interessa ai cittadini italiani poco o nulla si fa, e quando lo si fa si ingrana la retromarcia. In Parlamento si sta discutendo la riforma forense, cioè quel complesso di norme atte a regolare alcuni aspetti della professione forense.(1)
Si potrebbe chiedere cosa c'azzecchi questo argomento con i diritti degli utenti e consumatori. C'azzecca, c'azzecca. Il testo, attualmente in discussione al Senato, prevede la riduzione del numero degli avvocati in circolazione (oggi sono circa 230.000), l’annullamento della competizione nel mercato dei servizi legali (leggi alla voce riserva delle consulenze, con l’eccezione, voluta da Confindustria, per i consulenti interni alle aziende) anche attraverso la messa al bando della pubblicità e la reintroduzione delle tariffe minime obbligatorie. Si tende, insomma, a limitare la concorrenza, il che comporta un aumento dei prezzi e, probabilmente, una diminuzione della qualità del servizio. Ecco il danno per il cittadino!
Eppure il governo Berlusconi si dichiara liberale, vale a dire che la sua attività dovrebbe tendere a liberalizzare le professioni, non a chiuderle in un dorato ghetto corporativo a danno dei cittadini, utenti di un servizio che vorrebbero dinamico e, soprattutto, non eccessivamente oneroso.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
(1) Si vedano a questo proposito le proposte dell'Aduc