Sanaa, Yemen – Aveva dieci anni, Sally al-Sabahi, quando fu data in moglie ad un uomo adulto. Il suo prezzo (la “dote” pagata alla famiglia d'origine) era di 1.000 dollari. Entro una settimana dalle nozze, la bambina tentò per la prima volta di fuggire dalle terribili violenze del “marito” (non riesco a non mettere fra virgolette parole come “dote” e “marito” quando si parla di compravendita di piccoli esseri umani, scusatemi). Qualche mese dopo Sally riuscì a scappare, e la sua famiglia avrebbe a questo punto volentieri fatto marcia indietro e aiutato la figlia ad ottenere il divorzio, ma non poteva rifondere il compratore. La bambina ha continuato ad essere malmenata e a tentare la fuga per due anni di fila: fino a che la stampa internazionale ha riportato il suo caso.
Nel febbraio 2010, l'Agenzia di stampa Irin pubblica la storia di Sally, dandole un altro nome per proteggere la sua identità. Immediatamente donne da tutto il mondo si fanno avanti offrendo danaro per raggiungere la cifra che libererà la piccola; fra loro, una docente universitaria musulmana che vive negli Usa, Nalan Gungor Ozisik: «L'ho fatto perché mi rifiuto di vedere l'Islam rappresentato dall'ignoranza. Ora spero che Sally possa riprendere a vivere la sua infanzia, perché un'infanzia felice è il diritto di nascita di ogni bambino su questo pianeta».
Il 28 marzo scorso, in un tribunale della capitale yemenita, Sally ha firmato le carte del proprio divorzio. Quando vi ha aggiunto l'impronta a inchiostro del pollice, è diventata la quarta sposa bambina a riottenere la libertà nel suo paese.
Numerose attiviste per i diritti umani erano presenti in aula. «È un passo nella giusta direzione», ha detto una di loro, Belqes Ali al-Lahabi. «Il divorzio di Sally ci aiuterà a far pressione sul governo affinché faccia passare la legge sull'età minima per contrarre matrimonio in Yemen». Il provvedimento era già stato approvato in Parlamento nel febbraio del 2009, ma fu rigettato a causa dell'opposizione del Comitato per la legge islamica (e cioè dai chierici come l'influente Abdul-Majid al-Zindani e i suoi epigoni). Una sposa bambina della stessa età che Sally ha ora, dodici anni, è morta di parto nel settembre 2009, dopo tre giorni di travaglio. I chierici dicono che è “anti-islamico” fissare ad un minimo di diciassette anni l'età per sposarsi, come la legge suddetta indica: è però “islamico” far soffrire e morire bambine in questo modo? Se lo chiede anche Amal Basha, presidente del gruppo di donne yemenite Forum delle sorelle arabe: «Il governo ha due opzioni: dare alle bambine in Yemen una possibilità di vivere, o condannarle a morte».
Maria G. Di Rienzo
(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 4 aprile 2010)