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Gaspare Serra. Non votare non è un “delitto” bensì un “diritto”! 
No alla delegittimazione dell’“astensionismo”!
27 Marzo 2010
 

PER UN VOTO (O UN “NON-VOTO”!)

COMUNQUE “LIBERO, CONSAPEVOLE E COSCIENTE”…

 

Si discute molto del rischio “astensionismo” in vista delle imminenti elezioni regionali (come, in genere, ad ogni scadenza elettorale). Anche se la stagione ancora non permette di distrarsi col mare o con gite fuori porta, comunque molte altre ragioni (su tutte, la disillusione e la disaffezione verso la politica…) potrebbero spingere molti elettori a non votare...

Contro gli “astensionisti”, come sempre, è “unanime e bipartisan” l’atto di accusa dei partiti.

Ecco così spiegati i continui appelli dei più importanti leader politici (specie dei partiti maggiori, Pdl e Pd):

- a votare;

- o, ancor peggio, al “voto utile” (come se alcune scelte espresse dagli elettori potessero in ogni caso considerarsi “inutili”!).

 

La mia idea al riguardo, però, è nettamente diversa da quella più comune (e propagandata).

Votare, a mio avviso:

- è si un “dovere civico”

- ma anche (e soprattutto) un “diritto”.

Un diritto che, inevitabilmente, ricomprende anche il suo risvolto negativo: ossia la facoltà di non esercitare il diritto stesso (dunque, di non votare!).

Anche se regolarmente prediligo esprimere il mio indirizzo politico col voto (salvo, sempre più di frequente, in occasione delle elezioni comunali e provinciali, in ragione di un giudizio critico “senza appello” sulla classe politica della mia specifica realtà locale), ritengo dunque meritevole di rispetto la scelta dell’elettore che decide “coscientemente” e liberamente di non votare:

- non per mero “menefreghismo” (se questa fosse l’unica motivazione addotta, l’astensione sarebbe, in effetti, una scelta deprecabile!);

- bensì per la “convinzione” che, tra le scelte politiche alternative cui si è chiamati, nessuna sia degna di essere legittimata dal proprio voto!

 

L’“astensionismo cosciente”:

- non è affatto, quindi, un “rifiuto passivo” dell’alto valore democratico del voto;

- bensì una forma di “protesta attiva” nei confronti di una politica giudicata (a torto o a ragione) incapace e non all’altezza di rispondere ai bisogni della collettività!

Comprendo come, per i più, tale scelta possa apparire sbagliata o “inutile”.

Ci sarà sempre e comunque, difatti, chi disporrà dei voti sufficienti per governare…

Nonostante tutto, nel caso in cui:

- si crede che non esista alcuna valida alternativa ad un modello di governo giudicato inconcludente

- o non si ha il coraggio di votare solo, sempre e soltanto per il “meno peggio” (turandosi il naso!)

- oppure non si nutre alcuna concreta speranza nelle possibilità della classe politica di attuare il cambiamento promesso o auspicato

allora la scelta di astenersi dalle urne:

- oltre che ad esser di per sé legittima

- può rivelarsi saggia ed utile!

Questa forma “attiva” di astensione, infatti:

- non si riduce affatto ad una manifestazione di pura “antipolitica” fine a se stessa

- bensì risulta essere una nobile espressione di “senso civico”.

Il “non-voto”, difatti, può così trasformarsi in uno strumento di rivendicazione di maggiore:

- moralità

- legalità

- e capacità di assunzione di responsabilità da parte della politica (ossia di maggior chiarezza su “chi risponde” e “di cosa” nel caso in cui non si risulta in grado di mantenere gli impegni assunti dinanzi agli elettori).

Non votare, dunque, in certi casi può rivelarsi l’unico effettivo potere nelle mani dei cittadini:

- per negare in ogni modo “autorevolezza” e legittimazione alla classe politica;

- per delegittimare il sistema vigente dei partiti (responsabile delle mancate riforme e dello “stallo” in cui si trova da troppo tempo il nostro Paese);

- e per accelerare i tempi (non certo brevi…) per un auspicabile rinnovamento!

 

Per usare le parole di un noto astensionista italiano per sua pubblica confessione, il giornalista Enrico Mentana:

- perché mai sentirsi in obbligo di votare se non ci si ritiene in grado di esercitare al meglio tale diritto (ossia di saper discernere tra i candidati una figura davvero all’altezza delle sfide presenti)?

- per quale motivo votare se non si è in grado di individuare alcuna differenza sostanziale tra gli schieramenti contrapposti o di rintracciare una sola valida ragione per concedere la propria fiducia a un candidato piuttosto che ad un altro?

In tali casi pare francamente “comprensibile” (se non ragionevole!) la scelta di delegare il responso delle urne a chi ha (o crede di avere) le idee più chiare…

 

Votate pure, dunque, ma cercate di farlo sempre e soltanto:

- con “convinzione”

- e, soprattutto, con “coscienza”!

 

Gaspare Serra

 

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