Piombino, 23 marzo 2010 – Mi fa piacere leggere la replica del Circolo “Italo Calvino” dell’Associazione Italia–Cuba e apprendere che i suoi componenti non c’entrano niente con le mail di minacce e di offese. Tutto questo va a loro merito, significa che accettano il dibattito democratico e la divergenza di opinioni sul tema della mancanza di libertà a Cuba. Peccato che il resto della lettera inviata al Tirreno sia scritto con lo stile di un atto di ripudio nei confronti di chi osa raccontare la vita quotidiana a Cuba secondo l’ottica del popolo invece di quella del regime. Italia–Cuba afferma che da mesi aggredisco Cuba e provoco gli amici di Cuba, mentre mi limito a fare il mio lavoro di traduttore di Yoani Sánchez per La Stampa di Torino e a scrivere articoli sulla realtà cubana, delicata e controversa, ma caratterizzata da una totale mancanza di libertà.
Italia–Cuba dice di ignorare le cose che faccio, ma ha letto persino la mia replica a un articolo di Frei Betto sul mensile Nigrizia. Non mi sono mai sognato di diffamare con cinismo la persona dello scrittore brasiliano, ma mi sono permesso di confutare la sua ricostruzione idilliaca della situazione cubana. Credo che sia un mio diritto.
Non ho mai negato di aver fatto parte del direttivo del Circolo Italia–Cuba di Piombino. Ritenevo che fosse un modo per aiutare il popolo cubano, ma ho lasciato non appena mi sono reso conto che il compito principale dell’associazione è quello di sostenere un regime che non condivido. Basta leggere ciò che ho scritto su Cuba dal 1998 a oggi: non ho mai appoggiato acriticamente il governo cubano, ma ho sempre espresso un’opinione libera e non conformista. Il mio primo racconto su Cuba è intitolato Un paradiso perduto, il titolo basta a far capire che non ho mai compiuto una trasformazione capezzoniana. Il problema di certi attacchi stalinisti è che - per dirla con Sciascia - prendono le parole, ne fanno corde e ci impiccano gli uomini. Non sono io a dover fare un esame di coscienza, ma chi continua a seguire la deriva di una rivoluzione che ha tradito se stessa e chi ci ha creduto. Mi rende felice sapere che l’Associazione Italia–Cuba (non solo di Piombino) nel futuro ignorerà il mio lavoro, perché non scrivo per loro. Non voglio smuovere granitiche certezze.
A mio parere il futuro di Cuba sta nella rivoluzione libertaria di Yoani Sánchez e nelle idee di uomini coraggiosi che scelgono di morire per chiedere la liberazione dei prigionieri politici e il rispetto dei diritti umani. Concludo dissociandomi dal titolo con cui Il Tirreno presentava la mia problematica. Non mi ritengo un anticastrista: sono uno scrittore che propone cose nuove, che traduce autori cubani proibiti in patria e che racconta le sue esperienze. Il suffisso anti non si adatta né a me né a Yoani Sánchez, perché la nostra battaglia è per costruire qualcosa di nuovo: una Cuba democratica, pluralista e libera.
Gordiano Lupi
Qui puoi firmare la petizione
Per la libertà dei prigionieri politici cubani