MARK ORTON, guitare, dobro / CARLA KIHLSTEDT, violon, violon-trompette / ARA ANDERSON, trompette, claviers, percussions / BEN GOLDBERG, clarinette, clarinette contralto
Tin Hat è nato come trio nel 1999, poi lentamente si è modificato con l'uscita e l'ingresso di musicisti sempre nuovi al fianco della fondatrice Carla Kihlstedt. È rimasto immutato però l'originale collage di riferimenti ed ispirazioni che la musica del gruppo esprime: un assemblaggio di musiche diverse, dal walzer al tango, il klezmer ed il folk, un pizzico di jazz e qualche stilema preso dal rock. Raccontata così parrebbe una musica disomogenea e perennemente debitrice verso le sue fonti; viceversa, per quanto i riferimenti siano sempre in bella mostra, il gruppo suona omogeneo e le composizioni filtrano una luce di originalità e di personalità difficili da immaginare date le premesse. C'è una continua sovrapposizione all'interno dei brani tra diversi stati d'animo: dolcezza e vigore, tradizione e ricerca, melodia e improvvisazione. Questo nuovo album, il nono, raccoglie composizioni vecchie e nuove suonate dal vivo in due differenti sessions: parte provengono da un concerto a Berkeley del 2008 e parte da un altro concerto a Maiorca del 2005. Probabilmente il miglior album del gruppo per la concentrazione, l'omogenea qualità delle composizioni, l'eccellenza dei solisti. Per chi conosce il repertorio dei Tin Hat è rimarchevole come il gruppo abbia “riammodernato” vecchie composizioni (Helum, Hotel Aurora, The Last Cow-boy....), non senza un pizzico di ironia nel brano originalmente intitolato alla tennista russa Anna Kournikova oggi divenuto Ana Jvanovic, tennista serba.
Un album gradevole che scorre evocativo e delizioso senza mai scadere nello scontato.
Roberto Dell'Ava
VALUTAZIONE: * * * 1/2
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