Lo scrittore e caro amico Ezio Maifrè di Tirano mi ha inviato un suo breve racconto per “dare un messaggio di salvaguardia del territorio”, in particolare ai bambini e ai ragazzi, sostenendo che “gli anziani” l’ambiente l’hanno ormai, almeno in parte, rovinato. Allora leggiamo e riflettiamo, forse non tutto è perduto. (Paola Mara De Maestri)
Il sogno di Marta
Era una notte d’aprile del 1986. Marta con il nonno era seduta sotto i tigli di Ronco; non v’era luna, le stelle brillavano di luce tremula.
Videro una stella con una sciabola di luce. Il nonno disse a Marta: “È la cometa di Halley”. Sapeva che la cometa sarebbe ritornata nel 2061, dopo 76 anni; era l’ultima occasione della sua vita per ammirarla.
Il nonno pregava perché la cometa donasse fortuna alla nipotina; Marta sognava di poter afferrare la cometa e di chiuderla nel cuore. Guardarono per molto tempo la cometa, poi si addormentarono accarezzati dalla lieve brezza.
Il desiderio di Marta si avverò. La cometa entrò nel suo cuore. La bimba sognò d’essere immersa nella coda di cristalli di ghiaccio. Com’era bella la terra vista da lassù. Era simile ad una palla azzurra illuminata a metà nella notte; fili d’argento si muovevano lentamente sulla sfera fasciando il celeste dei mari tra le macchie della terra e il bianco chiarore dei ghiacci. La luna, dalla faccia argentea illuminata dal sole, seguiva il lento ruotare della terra. In alto il sole era una gigantesca palla, una fornace di fuoco, di luce, di sbuffi di vapori continui.
Marta era il cavaliere e la cometa il suo cavallo: veloci correvano tra i pianeti.
Nel suo viaggio incontrò Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. Più piccolo della terra e simile alla luna era pieno di crateri; poi passò accanto a Venere, il pianeta più luminoso dopo la luna. Passò poi innanzi alla Terra piena di luci e colori con la luna che faceva da corona. Più lontano incontrò Marte, pietroso e pieno di vulcani spenti, fino a raggiungere il pianeta gassoso Giove. Poi incontrò Saturno con i suoi diafani anelli, e infine penetrò tra i freddi mondi di Urano e Nettuno e passò oltre.
Marta vide che il Sole era diventato una stella lontana; i suoi raggi erano deboli, fiochi e non riscaldavano. Marta ora pensava alla Terra, piena di colori, di suoni, di odori. Pensava al nonno, ai prati di Ronco, alla sorgente d’acqua scintillante di luce.
Così continuò il viaggio di Marta, finché la cometa tornò di nuovo verso il sole e la terra nell’anno 2061.
Vide la Terra e si rattristò. La Terra era immersa in una coltre gassosa e densa. Non era più una palla azzurra illuminata a metà nell’oscura notte; era diventata marrone, avvolta in una nebbia gassosa. I fili d’argento che prima si muovevano lentamente e fasciavano il celeste dei mari tra le macchie scure della terra e il bianco chiarore dei ghiacci erano scomparsi. I tigli di Ronco erano secchi, anche il nonno non c’era. I prati e i boschi non erano più verdeggianti. La valle era coperta da un denso mantello grigiastro e il calore aveva fatto sciogliere le candide nevi dei ghiacciai.
Marta si spaventò, ma come d’incanto si ritrovò tra le braccia del nonno sotto i grandi tigli. Si era svegliata, ma il sogno le era rimasto nel cuore.
Il nonno le accarezzò i capelli e disse:“Marta, bambina mia, mandiamo un bacio alla cometa. Sono vecchio e io non la vedrò più; tu però la rivedrai. Promettimi di tornare nel 2061 tra queste piante, tra questa natura incantata dove l’armonia del Signore si fa sentire in ogni momento per vedere la cometa e ricordare il tuo nonno”.
Marta ricordò come aveva visto la terra in sogno, abbracciò il nonno e non disse una parola.
Ezio Maifrè