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Nuovi incontri/ Patrizia Garofalo intervista Massimo Scrignòli su “Vista sull’Angelo”
22 Febbraio 2010
   

Prima di entrare nel testo noto l’eleganza della veste grafica. Nonostante la diffusione dei testi via internet, mi sembra che per alcuni sia ancora molto importante il libro come oggetto-soggetto…

Certo, il libro ha una propria sacralità che, spero, non sarà soffocata da internet o dalle nuove tecnologie. La lettura sulla pagina di “carta” ha, almeno per una generazione come la mia, la valenza di un rapporto diretto tra autore e lettore, e la difesa del libro comporta anche la concezione del libro-oggetto soppesato in ogni suo particolare, che non è fine a sé stesso ma invece legato da una sintonia d’insieme che lega il testo e la parola all’armonia del libro inteso come contenitore di pensieri e di emozioni.

 

Del dipinto di Swabe riporti un particolare che inquadra un angelo, decisamente femminile, potrei chiederti se esiste il collegamento tra l’immagine e la passione del fuoco e della Fenice?

L’opera di Swabe, un acquerello di inizio Novecento ripreso e più volte ritoccato dall’autore, è per me molto significativa: mostra l’angelo della morte, con sembianze femminili, nel momento in cui si mostra ad un becchino che invece pensa di prepararsi a sotterrare un’altra persona. L’allegoria del ciclo della vita qui si dilata, e indubbiamente si coniuga alla figura mitologica della Fenice nelle diverse sfaccettature interpretative. La Fenice è poi anche ripresa da Roberto Sanesi in un saggio intorno a una nota incisione del 1795 di Blake su Newton (è questo il riferimento che apre Vista sull’Angelo), ed è al tempo stesso il tratto di passaggio tra le diverse dimensioni che si intrecciano nel libro.

 

Il tuo poemetto si titola Vista sull’Angelo… quindi non è l’angelo che guarda, potrebbe essere il poeta?

Il poeta… non so, forse l’uomo, immaginato in una sospensione mentale ed emotiva di smarrimento. Heidegger ha scritto che il tempo è un luogo in cui accadono gli eventi, così forse ciò che accade nel “racconto” avviene all’interno di un tempo incommensurabile eppure attuale.

 

Il tuo libro si presta nella sua ampiezza a molte interpretazioni, anche discordanti tra loro o parallele, io credo sia un grande risultato per un libro… era quello che speravi?

Sì, certo, credo che la polivalenza espressiva appartenga di diritto all’esito (quantomeno atteso) della poesia; se ciò accade non posso che esserne lieto, anche perché le diverse visioni che sia aprono sono, spesso, occasione di aperture nuove anche per lo stesso autore.

 

Massimo, quando scrivi rimetti spesso mano al testo fino a quando non ti soddisfa o lasci libera la commozione catartica del poeta e la parola scaturisce da sola?

Lavoro molto sulla parola scritta e riscritta, taglio, tolgo, elimino, forse non sono mai completamente soddisfatto dell’esito, ed è un continuo dialogo tra le diverse lezioni dei frammenti in cui si innestano citazioni e rimandi, quasi in una sorta di colloquio aperto e ulteriore. La ricerca, per certi aspetti infinita, della parola “esatta” è legata all’emblema che unisce suono-significato-ritmo nell’evocazione di una sola parola o di un solo verso.

 

«I Padri dicono che quando il fiume/ finisce dove il mare annuncia altre stelle/ la solitudine dell’acqua ha il profumo di rose/ che l’uomo non può riconoscere»

Parli spesso di segreto, è possibile ravvisarlo qui, nel limite dell’uomo ad andare oltre quello che la mera conoscenza anche profonda può cercare?

Il mistero appartiene al segreto del pensiero; è il mistero che si addentra più nel significato della vita che in quello della morte, è il mistero della consapevolezza di non conoscere, l’avvertimento dell’ineffabile.

 

Il tuo ricco percorso culturale si avverte senza disturbare affatto il ritmo poetico e si coniuga con una mediazione culturale assorbita e riletta in modo personale, i grandi Maestri diventano spesso acqua, aria, passione, musica… quale significanza hanno avuto per te?

Sì, gli elementi si “con-fondono”, cioè si uniscono alle forme espressive che sono di volta in volta rievocate dai miei principali referenti, da Dante a Montale, da Eliot a Pound, da Mahler a Piero della Francesca, a Goethe, per citare alcune occasioni di confronto. Credo che la poesia abbia anche questo compito: unire i diversi registri di ascolto e di lettura in funzione di un’immortalità dell’eredità della parola.

 

Gli elementi naturali, gli animali e le piante sembrano tacere l’uomo... e diventare protagonisti, perché?

Il poemetto si conclude con l’avvento di una presenza vegetale e animale che, in un qualche modo, spodesta la figura dell’uomo. Per “presenza animale” intendo infatti l’orizzonte degli animali tutti fatta eccezione per l’uomo, che nel rapporto conflittuale con la natura qui viene sconfitto.

 

Aria, acqua, fuoco, terra tutti gli elementi fusi nel percorso umano, con quali possibili valenze?

Naturalmente le valenze possibili sono varie, ma uno dei motivi centrali è forse l’insistenza di una riflessione “necessaria” dove inizio e fine, come nei Quattro Quartetti di Eliot, divengono il fulcro intorno a cui ruota il senso dell’esistenza.

 

Se dovessero chiedermi di condensare il tuo libro in meno parole possibili direi: “silenzio accompagnato dal soffio del vento, scaldato da passione, e suonato piano dall’acqua del fiume”.

È una definizione straordinariamente poetica di cui ti ringrazio e in cui mi riconosco: il fiume assume in sé le connotazioni della vita e del tempo, e della musica, e della parola intesa come segno di verità.

 

Patrizia Garofalo

 

 

Massimo Scrignòli

Vista sull'angelo

Book Editore, 2009, pagg. 96, € 15,00


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