Ai lettori e amici di Tellusfolio porgo questo breve ricordo di un amico gentile che abbiamo perduto. A Caroline Gallois, sua moglie e alleata, un abbraccio affettuoso e commosso.i
Formatosi in una Firenze ricca di fermenti culturali a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, Vittorio Giorgini è stato un protagonista della cultura fiorentina nel secondo dopoguerra. Ha dedicato tutta la sua vita a studiare il rapporto tra architettura e sistemi biologici in un'appassionata ricerca verso la morfologia delle scienze naturali da applicare alla progettazione dell’architettura organica.
Giorgini può essere definito un architetto morfologo, dove per morfologo si intende l’architetto che raccogliere dati e osservazioni sulle strutture naturali; colui che confronta le soluzioni date in natura per creare opere che si integrino e che si ispirino alla natura stessa. A questo proposito scrive Marco Del Francia: «... questo, per Giorgini, non significa ipotizzare strutture morfologicamente uguali a quelle naturali, né volere organizzare all’interno di esse la vita dell’uomo, ma pervenire, attraverso queste cognizioni, a uno stadio di progettazione che, utilizzando i ‘suggerimenti’ morfologici e soprattutto geometrici che derivano dalle strutture naturali, possa consentire varie forme spaziali, con possibilità e potenzialità di forti economie costruttive, attraverso l’invenzione di un linguaggio architettonico ‘libero’ da restrizioni geometriche convenzionali».
Giorgini è stato una personalità di rilievo che ha offerto non pochi e stimolanti contributi didattici agli studenti della Facoltà di Architettura di Firenze, partecipando per un decennio all'attività didattica accanto a Leonardo Savioli e a Giuseppe Gori.
Divenuto noto con Casa Saldarini (1962), popolarmente chiamata Il Dinosauro o La Balena, zoomorfica casa per le vacanze situata sul golfo di Baratti (Livorno), essa è considerata il «primo esempio al mondo di architettura realizzata in membrana isoelastica di rete e cemento». Secondo Glauco Gresleri, Casa Saldarini ha anticipato di un quarto di secolo l’opera di Frank Gehry nel Guggenheim Museum di Bilbao. Tuttavia, probabilmente proprio per il suo allontanarsi da ogni forma di accademismo, l’opera e il suo architetto furono quasi ignorati dalla critica dell’epoca.
Vittorio Giorgini, ha proseguito negli Stati Uniti il suo impegno progettuale, conducendo l’attività di docente nella “School of Architecture” del Pratt Institute di New Yor dal 1969.
Il suo principale interesse per oltre quarant’anni è stato rivolto all’osservazione delle strutture naturali, considerate come dei modelli in grado di fornire indicazioni utili per la definizione
di nuove soluzioni progettuali, sconfinando fra la geniale sperimentazione e l’utopia più astratta, ma che è anche stata un tentativo di aprire nuove e concrete possibilità per l’architettura urbanistica.
Oggi, si assiste a un interesse intorno all’architettura come strumento di controllo e anche di miglioramento dell’ambiente umano. Un interesse che l’architetto fiorentino, per primo in Italia, aveva anticipato fin dagli anni Cinquanta.
Recentemente aveva ricevuto, a bilancio della sua operosità, due importanti riconoscimenti: due prestigiose istituzioni come il Centre Pompidou di Parigi e il FRAC di Orleans hanno infatti acquisito parte del suo archivio (in particolare i modelli) per le proprie collezioni permanenti.
Giorgini è stato un architetto difficilmente etichettabile perché ha sempre preferito esprimersi mediante un linguaggio formale libero da condizionamenti geometrici convenzionali. Questo modo di riformulare la progettazione ha portato la sua appassionata ricerca verso un percorso isolato e innovativo rispetto alla cultura architettonica a cui siamo abituati. È per questo, probabilmente, che Vittorio Giorgini viene definito, da Aldo Castellano, come «… una di quelle rare figure di architetti ricercatori di tradizione pre-rinascimentale che ancora sopravvivono nel panorama internazionale spesso dominato da estremismi formalistici».
Vittorio Giorgini sarà esposto per un ultimo saluto a Firenze, all’Ospedale di Careggi presso la Cappella del Commiato, sabato 20 febbraio dalle 15 alle 20 e domenica 21 dalle 8 alle 20.
Alessandra Borsetti Venier