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Nicoletta Varani. Togo: candidatura al femminile per la presidenza 
Diritti politici e civili in Africa - 1
Kafui Brigitte Adjamagbo
Kafui Brigitte Adjamagbo 
06 Febbraio 2010
   

Ad oggi sono cinque le candidature presentate dall’opposizione e dalle forze indipendenti per le elezioni presidenziali che avverranno il 28 febbraio prossimo. Il partito al potere non ha ufficializzato il nome del proprio candidato, che probabilmente sarà quello del presidente uscente Faure Gnassingbé, figlio di Eyadéma alla guida del Paese dal 1967 fino alla morte avvenuta nel 2005.

È ormai una realtà che tra i candidati alle elezioni presidenziali ci sarà una donna, il suo nome è Kafui Brigitte Adjamagbo ha 58 anni, ed è stata designata dal suo partito CDPA (Convenzione Democratica dei Popoli Africani), di cui è già vicesegretario generale. Adjamagbo è tra l’altro uno dei membri fondatori del Gruppo “Donne, Democrazia e Sviluppo”, ed è coordinatrice per l'Africa occidentale dell'ONG africana Wildaf (Women in Law and Development in AFrica).

Da tempo le donne togolesi sono attive a livello politico rendendosi già partecipi nella lotta per l’indipendenza e in alcuni momenti chiave della storia del Togo. Con l’inizio del processo di democratizzazione, le donne si sono schierate in prima linea con il Collettivo delle associazioni femminili (Fca), in particolare con la mobilitazione “in rosa” nel momento di crisi quando nel 2005 in seguito alla morte del generale Gnassingbé Eyadéma, l’esercito, ignorando la Costituzione ha impedito al presidente del Parlamento in visita a Parigi di rientrare nel Paese e ha conferito la presidenza al figlio di Eyadema, Faure Gnassingbé.

La candidatura di Kafui Brigitte Adjamagbo è da leggersi come una nuova opportunità di riscatto delle donne e un riconoscimento del fatto che queste, che rappresentano circa la metà della popolazione del Paese, possano nel momento in cui siano adeguatamente presenti nella vita politica, contribuire a porre fine alla crisi in cui versa il Togo.

L’elezione presidenziale sarà un momento forte della vita politica togolese tanto che è partita già da novembre dello scorso anno una campagna di sensibilizzazione a favore di “elezioni senza armi e senza violenza” voluta dalla Commissione nazionale di lotta alla proliferazione, circolazione e traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro. La campagna che interessa tutto il territorio nazionale, rientra in un tentativo globale di pacificare il clima sociale in vista delle presidenziali del Febbraio 2010, onde evitare atti intimidatori, attacchi e violenze in grado di destabilizzare il Paese.

Il Togo ha bisogno di un cambiamento di comportamento collettivo e individuale e i cittadini non devono essere manipolati dai politici ma devono poter compiere il loro dovere civico in un clima di pace, non-violenza e rispetto reciproco.

L’attuale presidente in carica ha cercato di dare segnali di rottura con la politica dittatoriale del padre già nel suo discorso al Paese subito dopo le elezioni nell’aprile del 2005; rimane famosa la frase citata da più autori e studiosi della società togolese «…errori sono stati commessi. (…) domando solennemente perdono in nome dello Stato(…). Senza il perdono, nessuna riconciliazione è possibile» (Debbash 2006, p. 159). Effettivamente Faure Gnassingbé ha attuato dei cambiamenti quali: scuola primaria gratuita, maggiore libertà di espressione, apertura ai giovani nelle cariche dirigenziali del Paese a cui prima era vietato l’accesso, miglioramento delle infrastrutture ma a detta della stampa sono solo dei palliativi per acquisire consensi e far dimenticare la figura politica del padre.

Attualmente la tensione in Togo è molto forte tanto che l’agenzia Reporters sans frontières parla di difficoltà, da parte di diversi giornalisti francesi, nell’ottenimento del visto per poter giungere nel Paese. Tale situazione fa percepire il clima attuale e fa pensare alle possibili difficoltà in cui potrebbero venire a trovarsi i media nazionali e internazionali durante le prossime elezioni.

 

 

Alcuni aspetti geo-storico-politici in sintesi

 

Protettorato tedesco fino alla fine della seconda guerra mondiale, il Togoland viene successivamente spartito tra le amministrazioni britannica e francese fino al referendum del 1956 (voluto dalle Nazioni Unite) che sancisce il passaggio della parte inglese al vicino Ghana e la costituzione della parte francese in un vero e proprio Stato. Il Togo diviene indipendente nel 1960 e solo 3 anni dopo ha inizio un lungo periodo di golpe quando un gruppo di militari uccide il presidente Sylvanus Olimpio e sale al potere il fratello Nicolas Grunitzky, rovesciato a sua volta da un colpo di stato militare nel 1967 dal colonnello Etienne Eyadema.

Eyadema ha imposto al Paese per ben 38 anni un regime autoritario fondato sul culto della sua personalità, tanto che è stato denominato il “dinosauro”, fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio 2005. Dopo aver lanciato una campagna di africanizzazione di facciata cambiando il proprio nome in Gnassingbé Eyadema, ha in pratica sospeso Costituzione e partiti politici con il benestare dell’alleata Francia ed è stato rieletto tramite veri e propri plebisciti nel 1972, 1979 e 1986. La Francia addirittura è stata accusata di mantenere con Eyadéma dei legami “tipici da guerra fredda”, quando i presidenti africani non venivano scelti dalle popolazioni ma dalle ex potenze coloniali.

Negli anni Ottanta Eyadema ha dovuto affrontare i primi dissensi attraverso numerosi colpi di stato causati anche dalla grave recessione economica. All’inizio degli anni Novanta manifestazioni e scioperi sono stati repressi nel sangue e l’ennesima elezione farsa del 1993, a cui l’opposizione decide di non partecipare, spinge la Comunità Europea a congelare gli aiuti economici al Paese che ad oggi non sono ancora ripresi completamente. Una limitata apertura alle opposizioni si è avuta solo con le elezioni del 2003, in cui Eyadema è stato rieletto con il 57% delle preferenze e grazie a un contestato emendamento alla Costituzione che gli ha permesso di ricoprire un terzo mandato. Per tutti gli anni Novanta Eyadema ha continuato a nominare e rimuovere i vari Primi Ministri a proprio piacimento.

Nel febbraio del 2005 la morte del dittatore ha portato nuovi problemi al Paese poiché, come già accennato, viene fatto presidente il figlio Faure Gnassingbé sostenuto fortemente dalle forze militari. Dopo alcune nomine e modifiche costituzionali fatte apposta per legittimare a posteriori il colpo di mano, Faure si è dovuto dimettere sotto le pressioni internazionali salvo poi essere eletto a fine aprile. Le elezioni sono state pesantemente contestate dalle opposizioni e gli scontri di piazza sono stati segnati da gravi violenze, con un bilancio ufficiale di 154 morti, 654 feriti e 40.000 rifugiati togolesi in Benin e Ghana (UNHCR, 2005).

 

 

Alcuni aspetti socio-economici

 

La popolazione del Togo (6,3 milioni di abitanti nel 2007) è ancora in fase di incremento con un tasso di crescita annuo pari al 2,9%, un tasso di mortalità in netto calo (10‰) ed un incremento naturale intorno al 26,8‰. Il tipo di insediamento è prevalentemente rurale, la maggior parte della popolazione vive infatti in villaggi rurali, sia lungo le strade sia ubicati in aree di confluenza e sede di mercati, e l’unica vera area urbana è la capitale Lomé che conta con l’agglomerato urbano un milione e 400 mila abitanti circa.

Sul piano religioso, il 50% della popolazione è animista (religioni tradizionali), il 23% è cattolico, il 15% musulmano sunnita e il 12% protestante, mentre il restante 5 % comprende adepti di altre religioni. Diverse persone che hanno aderito alle religioni più diffuse continuano a praticare rituali delle religioni indigene tradizionali.

Nonostante il Paese abbia avuto per molti anni un regime dittatoriale con lotte interne le differenti religioni professate non sono mai entrate in conflitto o strumentalizzate come invece accade il molti altri Paesi africani. Addirittura si può parlare di dialogo islamico - cristiano, e di dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre confessioni cristiane. Nel nord del Paese, la diocesi di Sokodé, a maggioranza musulmana, è un esempio della coabitazione tra cristiani e musulmani grazie alle relazioni sociali che si sono sviluppate in città.

Attraverso queste forme di dialogo interreligioso si vuole arrivare alla reciproca comprensione, ad esempio tutti concordano che Dio è l’ unico vero Padre di tutti. Gli animisti togolesi lo chiamano “Ata Togbe”, i presbiteriani lo considerano come il Padre e la Madre, mentre i musulmani e i cristiani lo riconoscono come creatore unico. Le chiese evangeliche presbiteriane e metodiste del Togo, da parte loro, nell’ambito della Conferenza delle Chiese dell’Africa (CETA) e soprattutto del Consiglio cristiano del Togo, cercano da qualche anno di fare opera di riconciliazione tra le comunità religiose attraverso le attività di formazione. Hanno sviluppato in particolare un modulo di formazione dedicato alle “relazioni interreligiose e all’instaurazione della pace” per i giovani cristiani del Togo.

Il governo togolese ha stabilito alcuni criteri per il riconoscimento delle organizzazioni religiose al di là delle principali religioni - cattolicesimo, protestantesimo e Islam - che sono riconosciute ufficialmente. Le autorità hanno accettato 97 gruppi religiosi, la maggior parte dei quali sono piccoli gruppi protestanti e alcuni nuovi movimenti musulmani (Fides, Agenzia del 18/3/2005).

La recessione degli ultimi vent’anni pesa fortemente sulla popolazione togolese. Secondo gli ultimi dati ufficiali, risalenti al 2008, il 30% della popolazione vive al di sotto la soglia di povertà (ossia persone che vivono con meno di 1 $ al giorno), l’aspettativa di vita è di circa 58 anni, l’indice di sviluppo umano (ISU) a 0,512 colloca il Togo al 152° posto nella classifica mondiale di sviluppo umano, mentre la mortalità infantile (61‰) e la percentuale di malati di HIV (4,1% della popolazione totale) sono ancora a livelli preoccupanti.

Il futuro economico del Paese dipenderà in larga parte dalla ripresa della cooperazione con l’Unione Europea e dai rapporti con le grandi istituzioni finanziarie internazionali. A questo proposito saranno fondamentali la lotta alla corruzione e il grado di libertà politica garantito dalle autorità: nonostante infatti le elezioni di aprile siano state giudicate positivamente dalla comunità internazionale, il Togo rimane ancora un “osservato speciale”. La collaborazione con la comunità internazionale sarà fondamentale anche per rimettere in sesto la rete di infrastrutture, già avanzata ai tempi della colonizzazione, per meglio fruttare le potenzialità agricole e le risorse del sottosuolo, ridotta ormai al collasso.

 

 

La condizione della donna e alcune riflessioni sulla condizione di genere in Togo.

 

Come accennato le donne rappresentano circa la metà della popolazione totale togolese, ed assicurano, grazie al loro impegno nell’agricoltura e nel commercio, la maggior parte della produzione di ricchezza nazionale.

Sul piano politico, vi sono però poche donne che hanno responsabilità di primo piano anche se alcune di esse occupano posti ministeriali.

In Togo le donne sono il 54% della popolazione e sono pilastro della società ma nonostante i loro sforzi immani, soprattutto nelle zone rurali, si scontrano ogni giorno con ostacoli sociali, economici e giuridici. Il loro carico di lavoro è spesso eccessivo in quanto oltre a curare i molti figli e lavorare nei campi, devono dedicarsi al piccolo commercio portando in città i prodotti della terra per venderli al mercato. La produzione e la distribuzione al dettaglio è quasi tutta nelle loro mani. La mancanza di acqua, la scarsa e costosa elettricità, l’assenza di agevolazione nel credito e di opportunità nella informazione e nei servizi di assistenza rendono la condizione delle donne togolesi, e quindi anche quella dei loro figli, assai precaria. È noto come il Togo sia tra i Paesi coinvolti dal traffico dei minori. Molti bambini orfani, e non solo, vengono ceduti dai parenti per una manciata di denaro con la promessa di trovare un lavoro mentre vengono poi venduti come schiavi oppure per il traffico di organi e della prostituzione. Le donne rappresentano il 70 % della manodopera agricola, ed assicurano il 60 % della produzione agraria e l’80 % di quella alimentare. Nonostante ciò ci sono poche opportunità per le donne già segnate in tenera età: la quasi totalità delle bambine viene violata dagli uomini nei villaggi e dentro le scuole.

Sul piano legislativo poi vi sono stati progressi attraverso leggi nazionali e internazionali per la promozione e la protezione dei diritti delle donne. Si tratta di legislazioni che però constano di aspetti positivi e negativi insieme. Tra quelli positivi vanno evidenziati il valore accordato alla dote nel matrimonio e al suo ammontare che viene fissato per legge, il consenso della donna al matrimonio, il diritto di successione e la protezione dei diritti della vedova garantiti dal codice di famiglia, e la possibilità della vedova di rifiutare di sottomettersi a cerimonie di lutto tali da portare offesa al suo pudore. Tra gli aspetti negativi si segnalano: l’età matrimoniale fissata dalla legge per le ragazze è inferiore quella dei ragazzi (in molti villaggi esistono ancora le spose-bambine), la patria potestà esercitata solo dall’uomo nel caso che i genitori non siano sposati, l’applicazione del diritto legale di successione solo nel caso che il defunto aveva rinunciato all’applicazione del diritto consuetudinario di successione, e l’ammissione della donna al titolo di funzionario in prova previa la presentazione di un certificato medico che attesti che è adatta all’impiego richiesto e che non è in stato interessante da più di 5 mesi. Per questo motivo un centinaio di organizzazioni femminili sono impegnate da qualche anno nel processo di miglioramento dello stato giuridico della donna.

Molte le iniziative di volontariato, soprattutto francesi (ma anche italiane) che si occupano di migliorare la condizione della donna nel Paese. La più importante e sviluppata (vi opera dal 2003 è Wages (Womens and associations for gain both economic and social), un ONG nata inizialmente come progetto finalizzato a creare reddito alle donne di Lomé e che oggi è diventata istituzione di micro finanza più importante del Togo. Wages concede prestiti a gruppi solidali costituiti da 10 a 30 donne. Tra Le ONG va segnalato il Cref, Centre de promotion de la petite enfance una cooperazione nata nel 2008 senza intermediari tra due associazioni di donne, l’italiana ClubDonnaPolitica, e la togolese Groupement Sourou. Una collaborazione che sta crescendo a Lomé, nel quartiere di Agoé Sogbossitò, in mezzo a povere capanne in paglia e fango, come Centre de promotion des femmes et enfants (Centro di promozione delle donne e dei bambini). Il centro è un luogo di promozione per le donne ed è costituito da quattro hangar che possano contenere un ciclo intero di lavorazione degli alimenti e della bevanda locale lo Tchoukoutou (simile alla birra), lo stoccaggio per le materie prime e la ristorazione per gli abitanti del quartiere. La fase di completamento del progetto vedrà anche il centro con funzione di centro educativo e di scuola di alfabetizzazione serale per le giovani donne che non sanno né leggere né scrivere. In futuro c’è chi vede e sostiene il Centre de promotion come centro pilota soprattutto per i villaggi rurali, al di fuori della capitale dove la condizione delle donne e dei bambini è al limite della sopravvivenza. Le donne che verrebbero formate potrebbero a loro volta costituire nuovi centri all’interno del Paese in modo da aiutare altre donne e arginare violenze, soprusi e incredibili violazioni della persona.

È solo uno di alcuni esempi che dimostrano che promuovere le attività delle donne attraverso progetti e programmi di cooperazione diretta è il modo migliore per lottare contro la povertà ed è al tempo stesso un modo efficace per lottare contro il traffico, il lavoro e l’insicurezza dei bambini. Se una donna può nutrire i suoi bambini è più disposta a seguire la formazione, i consigli e le informazioni per pianificare l’avvenire dei suoi figli.

 

Il nuovo presidente del Togo dovrà garantire tutte le libertà civili e politiche, e sicuramente, se sarà donna, le incognite sul futuro del Paese saranno, per alcuni, molte di più ma sicuramente l’impegno per lo sviluppo di genere sarà forte.

 

 

Per approfondimenti ulteriori:

UNHCR, 2005 Global Refuge Trends, 2005.

Debbash C., La succession d’Eyadéma. Le perroquet de Kara, Harmattan, Paris, 2006.

Toulabor C., Le Cult Eyadéma au Togo, Karthala, Paris, 2007.

 

Nicoletta Varani


 
 
 
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