Garantire la libertà di movimento
della Valtellina, la Valchiavenna, l'Alto Lario
Ancora una volta la Valtellina, la Valchiavenna, l'Alto Lario, vivono momenti di grave tensione.
La frana che ha interrotto la funzionalità della Statale 36 rende difficile la vita quotidiana di duecentomila abitanti della Regione, già sfavoriti da una situazione ambientale ed infrastrutturale non facile.
La fragilità dell'unico collegamento apprezzabile con il resto del Paese e, si potrebbe dire, col mondo, mette in ginocchio imprenditori, artigiani, operatori turistici, lavoratori e studenti pendolari, rende difficoltosi i rifornimenti di materie prime, carburanti, generi alimentari, riducendo di fatto ad una enclave questo territorio. A questi lombardi vengono negati i diritti che sono riconosciuti agli altri nove milioni e seicentomila, riducendoli in una specie di riserva indiana all'interno della quale è garantita solo la semplice sopravvivenza.
La Valtellina e la Valchiavenna non devono essere più considerate un problema, un corridoio cieco, ma una risorsa per la nostra regione.
Per troppo tempo si è sottovalutata la questione dello sbocco al di là delle Alpi di queste valli lasciando che tutti gli sforzi compiuti a livello locale per il traforo dello Spuga, dello Stelvio, del Mortirolo fossero sopraffatti dall'insipiente programmazione regionale e da interessi elettoralmente più significativi di altre zone (il Piemonte e la Lombardia occidentale, il Veneto) alleati a quelli economici della vicina Confederazione Elvetica.
Dare uno sbocco viabilistico di livello almeno regionale a queste valli è vitale per gli interessi di Milano e di tutta la Lombardia; il potenziamento ad alta frequenza per passeggeri e merci su ferro della direttrice Lecco-Colico e poi Sondrio da una parte e Chiavenna dall'altra costituisce un passo fondamentale per i collegamenti di Milano e della Lombardia con l'Europa centro-orientale e può consentire una riqualificazione ad uso del servizio regionale dell'infrastruttura esistente, migliorando la vita di migliaia di pendolari e facilitando l'accesso ad un turismo di qualità.
Non basta più rattoppare l'esistente con interventi d'emergenza come quello doverosamente in corso a Varenna; bisogna investire su questo territorio, scegliendo con coraggio una delle possibili alternative e costruendo su di essa il consenso più ampio possibile di forze politiche e sociali, non solo regionali e nazionali, ma anche dei paesi confinanti e dell'Europa.
Certo è necessario nel frattempo rendere più efficiente la gestione dell'emergenza (i disagi subiti, anche in questa occasione, dagli automobilisti e dagli autotrasportatori sono ingiustificabili), riconsiderare tutti i punti più esposti a rischi idrogeologici, aggiornando le strutture di contenimento passivo, regimando le acque, bonificando i versanti in un'azione preventiva, continua e permanente.
Ma è urgente concordare una via d'uscita, perché la gente di queste valli possa guardare con ottimismo al futuro, senza temere continuamente l'isolamento; intraprendere nuovi fruttuosi collegamenti con i territori circostanti, siano essi i Grigioni o il Bresciano, la Valvenosta o la Mesolcina; scambiare merci, servizi, opportunità di lavoro, di acculturazione, di vita col resto del mondo senza che un imbuto fragile e obsoleto metta rischio ogni volta l'esercizio di un diritto fondamentale: la libertà di movimento.
Marco Cappato, Lista Bonino-Pannella