- Canto per me solo? - è stata la sua ultima domanda, fatta a circa novantaquattr’anni.
L’ha dettata a Maria Felicia Iarossi chiudendo la sua La favola dell’indoeuropeo(1). Non riusciva più a scrivere. A me ha chiesto, per favore, di smettere (alla mia quarantesima lettera) perché il figlio, al quale doveva dettare, lo rimproverava per la sua volontà di rispondere sempre, scomodandolo ogni volta.
Un maestro.
Il suo capolavoro di linguistica storica era stato pubblicato nel 1984 dalla casa Olschki di Firenze: Le origini della cultura europea. Un immenso manuale di onomasiologia, cioè di confronto dei nomi di luogo, di popoli, di dèi in tutte le lingue dell’Europa fatto con l’accadico per comprovare quest’unica origine. Nel 1994 ha completato l’opera con due dizionari greco-accadico e latino-accadico (1.500 pagg. in tutto). Considerava il sumero una lingua di sostrato. Il tutto mi è costato mezzo milione, nel 1999: troppo per diventar popolare. Se aggiungete che si dichiarava ‘accademico di nulla accademia’ e che gli accademici ne parlano agli allievi come di un superato dalla storia, allora capirete il suo isolamento.
Un maestro di linguistica storica che ha speso la vita per comprovare l’origine orientale degli Etruschi. Un Toscanaccio irriducibile, capace di rifiutare incarichi accademici per non distogliersi dal suo obiettivo.
Noi vogliamo cominciare il nostro Viaggio nell’archeologia linguistica in memoria di Semerano, scomparso nel luglio 2005.
Scriveva che l’esplorazione dell’antichità ha capofila la linguistica storica che precede ogni altro tipo di studi. Le altre discipline possono seguire grazie all’emersione di significati perduti dalle parole che abbiamo in uso. A questo scopo ha pubblicato, nel 2001, L’infinito: un equivoco millenario. Per chiarire, anche ai non eletti, che apeiron (apeiron), fu fonte di equivoci tradotto dal pensiero filosofico greco con ‘infinito’ anziché con ‘polvere’, come intendeva Anassimandro («Anassimandro […] disse principio […] degli esseri l’apeiron e in quegli elementi dai quali gli esseri hanno origine essi hanno la dissoluzione, per legge fatale. Perché essi pagano gli uni agli altri la giusta pena della loro iniquità nell’ordine del tempo»(2)).
Al nostro capofila rispondiamo: non canti per te solo!
Ma, visto il tuo isolamento attuale, prendiamo atto che il campo non è ancora condiviso. La sociologia può seguirti partendo da un’osservazione: la società attuale, isolandoti, ti allontana nella protostoria; e la società antica si lascia leggere, nella sua religiosità, attraverso i nomi degli dèi dando sostegno al tuo orientamento in una esplorazione fatta però a lampi nel buio. Alla tua onomasiologia –studio comparato dei nomi- aggiungiamo la teonomasiologia –studio comparato dei nomi degli dèi-.
I nomi degli dèi sono dei microcosmi sociali (in quanto sintesi di culti e di nomi) e reperti linguistici ‘invarianti’ rispetto alle lingue che cambiano. Il baobab e l’insalata durano nel tempo come il nome di un dio (millenni) e come una lingua, (l’insalata, una stagione). La durata temporale diversa consente di evidenziare nella stessa scrittura un linguaggio ed un metalinguaggio attraverso l’accumulo di significati.
La parola rivela di essere una carota temporale a vari strati: come la carota geologica svela le diverse età della terra (tellus) così la carota verbale mostra le diverse età della civiltà dell’uomo (< sumero: TE EL SUL ‘incontro l’aria ed il sole’).
Enigma indica un rovello del pensiero. E NIG MAH indica in sumero ‘casa delle troppe cose’.
L’archeologia linguistica arricchisce di significati la nostra parola.
Ci proponiamo di esplorare la prossima volta la parola amore, nel suo significato storico ed archeologico.
(1) Cento paginette pubblicate da Bruno Mondadori, nel 2005, con la prima edizione esaurita.
(2) Giovanni SEMERANO, L’infinito: un equivoco millenario, Milano, Bruno Mondadori, 2001, p. 34.