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Silvio Canova. “Il passato se ne va, ma noi restiamo qui” 
Considerazioni al termine dell'estenuante stagione congressuale del PD
29 Gennaio 2010
   

Egr. Direttore,

Innanzitutto voglio darle la mia solidarietà per il vergognoso “scempio del diritto di cronaca” nei confronti del Gazetin; purtroppo è il segno dei tempi.

Sono un apolide di sinistra “uomo senza partito” arrabbiato verso la classe dirigente PD, che mi ha reso tale. Questo paese, Dio sa, quanto avrebbe bisogno di un partito riformista per rendere l’Italia finalmente un paese civile! Ma la classe dirigente del centrosinistra è inadeguata, scadente politicamente, rappresenta il vecchio sistema politico. Da persona che pensa di avere un’educazione civica, ho cercato di portare all’interno dell’allora mio partito, la necessità di liberarsi del passato tramite il pensiero, di fare uno sforzo critico e autocritico, con un momento di vero rinnovamento (non solo anagrafico) per forze politiche che vengono da lontano. Si è fatto nascere il PD con parole d’ordine “nasciamo perché il Novecento è finito, non siamo più quelli che avete conosciuto, le grandi ideologie sono finite ecc.” senza accorgersi della mastodontica contraddizione ancora in atto: a volersi liberare del passato sono sempre gli stessi che lo hanno pienamente vissuto; “il passato se ne va, ma noi restiamo qui”. La continuità burocratica ha soffocato sul nascere l’affermata discontinuità culturale, e non poteva che essere così trattandosi di gruppi dirigenti che uscivano da sconfitte storiche. Proprio chi aveva acceso la speranza, che ci si poteva riunire perché il Novecento era concluso, è andato a navigare dentro il vecchio sistema, incagliandosi nella staticità degli equilibri interni.

...Hanno inventato le primarie, ma i gruppi dirigenti sono sempre gli stessi “buoni per tutte le stagioni”, si sono incamminati alla convivenza, ognuno chiuso in sé, nuove fondazioni, associazioni, a ripetere il vecchio schema, ognuno da un lato, ognuno fermo nel proprio campo d’origine. Oggi li vediamo impantanati nelle macerie del vecchio sistema di idee, poteri, nostalgia di un’egemonia che purtroppo per loro non può più ritornare. Se non si riesce a pensare nel nuovo contesto, si resta nel vecchio; non c’è una visione complessiva, ci si siede sulle resistenze delle grandi o piccole corporazioni: ora gli studenti, ora i magistrati, ora gli immigrati; non c’è una cultura del riformismo socialista, una visione liberale, per fare una “sintesi superiore”, non c’è perché i protagonisti sono “il vecchio sistema” che non possiede il lessico per comprendere le trasformazioni della società contemporanea, e resta fuori da tutti i luoghi innovativi; se ti permetti di sottolineare questi aspetti, sei un polemista che fa del male al partito.

Nel mio piccolo ho fatto tante domande: quale funzione si dà il PD? Quale difesa attiva dell’unità dello stato prevede nel quadro federale? Come ci si pone all’accantonamento della questione mezzogiorno imposta dal centrodestra? Quali proposte per un nuovo stato sociale? Quali proposte per dei principi contrattuali nel nuovo spirito del lavoro e impresa? Quali proposte nel rapporto giustizia politica? Tra sicurezza e libertà? Quali proposte per l’energia? Quale visione sui problemi della vita etico-biologici? È irrinunciabile o meno la laicità? Quale immagine si dà del futuro del paese? Quale rapporto con la Cgil emblema del conservatorismo dello status quo? Mi hanno sempre risposto, abbiamo già fatto autocritica, questo modo di ragionare fa solo del male al partito, ma risposte alle domande niet.

Le primarie hanno portato una grandissima novità, introdotta dal sen. Marino, “la laicità come metodo” che poteva essere applicata a tutto. Dal mio punto di vista è talmente importante che la trascrivo testualmente: «La laicità è un metodo: significa affrontare ogni questione con rigore e con la massima obiettività possibile, nell’interesse generale e non di una parte sola. Significa saper ascoltare le ragioni altrui e avere l’umiltà e l’intelligenza di confrontarsi anche con chi la pensa nella maniera opposta. Significa lasciarsi sempre prendere dal dubbio che l’altro può aver ragione. Infine laicità significa che quando si considera chiuso il dibattito, e si è presa una decisione nell’interesse di tutti, si accetta quella decisione sentendosi vincolati e sostenerla con onestà». Ecco la medicina che manca al PD. Purtroppo questa classe dirigente, che è sempre la stessa, sconfitta, che cambia nome, storia, ma che resta ferma, immobile sul proprio uscio, che spocchiosamente si sente custode della verità, migliore per definizione, supponente per costituzione mentale, nemmeno l’ha presa in considerazione, per lesa maestà.

E che dire del Pd provinciale? È un partito virtuale, vive perché il suo segretario si chiude in via Parolo a scrivere “comunicati stampa” che legge lui e i fidati cooptati giovani, donne, e pochissimi altri; vengono da sconfitte a catena, rappresentano una percentuale di cittadini irrisoria e sempre in discesa (pensiamo a Ds+Margherita); hanno parlato di aver impostato un duro lavoro, hanno chiesto di poterlo continuare e purtroppo gli iscritti e votanti gli hanno creduto; porteranno le solite riunioni asfittiche, improduttive (loro lo chiamano dibattito), dove non si decide mai nulla, non si pongono obiettivi con verifiche di risultato. Parlano di radicamento nel territorio perché è di moda, lo si fa con un linguaggio di politica politicante e retorica, chiacchiere di quanto sono brutti gli altri, ma non c’è un minimo di strategia che indichi relazioni, conoscenze dei problemi, risorse strategiche, proiezioni possibili sul territorio. Che modello di sviluppo si prevede per la Valtellina/Valchiavenna, le ss 38/36, la ferrovia, il capannonificio del fondo valle, la manutenzione della montagna, il problema acque, il turismo, l’artigianato e via discorrendo “vedi comunicato che?”. C’è un deserto perché abbiamo una classe dirigente di “funzionari” che non potranno mai radicarsi nel territorio, perché non posseggono gli strumenti culturali, tecnici, affinché l’incontro avvenga. È con grande sofferenza che leggo le reciproche accuse sui giochi di palazzo, poi il sostenitore di Franceschini vince la segreteria, contro un candidato sostenitore di Bersani, che in valle ha stravinto (il buon segretario a gridare ai giochini su Ciapponi!). La dice lunga il fatto che sollecitati su problemi del territorio come: recupero contrada Fraccaiolo; la condanna di un mensile locale, per la critica alla gestione di un fallimento, un diritto di cronaca; sulla disputa del cedro in piazza della chiesa; sulla moschea in città; questa classe dirigente illuminata, risponda “questi sono problemini che non meritano discussione e presa di posizione del partito, il PD con noi deve volare alto!”.

Accusare i pochi canova di essere distruttivi va benissimo, ma non essere capaci di dare una svolta all’incapacità di fare politica, essere il niente, avere il vuoto di idee, pensare di permanere nell’area virtuale, riempita di vecchie scorie che danno l’impressione, ma solo quella, dell’effettualità dei loro paroloni del “politichese”, è la loro responsabilità di chi continua a fare del male al partito, che non avrà più la vittoria nel proprio futuro. Non hanno l’umiltà di capirlo e si sentono offesi se lo si dice...


Silvio.Canova@FastWebnet.it

 

 

(Lettera inviata per 'l Gazetin di gennaio 2010 e che non è stato possibile pubblicare, perché il mensile uscirà in numero 'doppio' gennaio-febbraio soltanto il prossimo 7 febbraio 2010 con una nuova, più recente nota di Silvio Canova orientata al prossimo appuntamento elettorale delle Regionali di primavera)


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