Nel giorno in cui il cardinale Bagnasco sogna una nuova generazione di politici cattolici, riscopro, nei significati evangelici, quello storico di uomini che per cupidigia, pavidità, ignavia, uccidono l'ideale della giustizia in terra.
Lo riscopro nella vicina realtà di Prato, distretto tessile toscano governato da giunte monocolore rosse che ne hanno tollerato l'imbarazzante evasione scolastica, i turni di lavoro senza limiti, il fuoribusta come istituzione, un'infortunistica sul lavoro che generò l'epiteto della “città delle mani mozze”, arti tranciati dai telai in funzione ventiquattro ore al dì, stipati negli angusti stanzoni dietro casa. Esistenze che le seconde e terze generazioni di pratesi hanno rifiutato, godendone però i frutti del benessere, che si manteneva grazie all'apporto clandestino dei cinesi. Ad una filiera pratese ripulita, che guarda allo stile liberal-chic anglosassone e cui la politica parla ora alla luce del sole, si amalgama quella sporca e cattiva che scorre nelle viscere della città, dove il feroce dragone non può far paura.
Ma il dragone cresce più del dovuto, si rende autonomo e pretende la luce del sole. La ottiene pagando, innescando un giro di consumi cui la città, sempre più votata al terziario del credito ed al business edilizio, attinge a piene mani. Ma la crisi stavolta arriva davvero e colpisce proprio i settori speculativi che reggono il pesante corpo dell'economia locale. Un corpo ancora grasso, se è vero che il nuovo centro benessere Virgin vende, ancor prima dell'inaugurazione, oltre duemila abbonamenti annuali a circa mille e duecento Euro ciascuno. Un corpo però ferito nell'orgoglio, quando l'occhio cade sulla numerosa minoranza di cinesi che sempre più spesso frequenta i “posti” dei pratesi, luoghi del lusso simbolico dove non è infrequente che lo straniero con gli occhi a mandorla venga servito prima e meglio di un locale.
La ferita brucia e chiede una rivalsa che il centro-sinistra non può far ottenere, almeno non ancora. Alle comunali del 2009 uno storico ribaltone elegge sindaco il patron del marchio Sasch Cenni, a capo di un'alleanza di centrodestra dove la Lega Nord pesa tanto. Parte una campagna di “legalità” senza tregua, con blitz a ripetizione delle forze dell'ordine nelle ditte cinesi ed ogni colpo va a bersaglio.
Quindi l'ennesima minaccia: Cenni chiede al Ministro Maroni oltre cinquanta uomini per spezzare definitivamente le reni all'economia illegale, cinese. La città plaude.
Ma perché lo fa solo adesso?
Poi, è notizia di ieri, il sindaco Cenni propone una tregua. Pratesi e cinesi alleati verso un nuovo prodotto di qualità ma a basso prezzo. Un genetico re-innesto del germe cinese, sterilizzato da velleità autonomistiche, nel ventre molle del tessile locale. In senso stretto, il patto elaborato da Cenni vincolerebbe le ditte cinesi a comprare la materia prima solo da manifatture tessili pratesi: tessuti che non hanno più alcun mercato. Cosa ci guadagnano i cinesi? L'opportunità per le amministrazioni pubbliche di ridurre i controlli, vista la presumibile sicurezza di uno scambio non più occulto fra fornitori pratesi e produttori cinesi.
Sarebbe da chiedere a Cenni come le ditte cinesi, una volta legalizzate le proprie posizioni, possano garantire l'attuale standard di costi, bassi, e produttività, elevata. Ma sarebbe povera cronaca, cronaca da trenta denari appena.
Marco Lombardi