Gianfranco Cordì collabora a “Lo scaffale di Tellus” e finora ha scritto sui classici, fossero essi Erasmo o Schmitt o i filosofi Severino e Bodei. Qui si dedica ad una giovane scrittrice e ha dato al suo articolo il titolo accattivante di:
Giada Fornaciari interprete del presente
Nel suo volume d’esordio - Del mare e dell’anima, ALFAGI Edizioni, 2005 - Giada Fornaciari si pone di fronte all’esistente come una macchina, diremmo come una macchina prodotta dalla tecnoscienza applicata alla natura; potremmo dire meglio, come un sismografo. Non a caso è la stessa autrice a definire tale esistente col termine di «eventi» (p. 63). E se di eventi si racconta in queste pagine, l’approccio sismografico scelto dell’autrice è dunque quello più opportuno per cogliere il senso di una tale congiuntura. Innanzi tutto, apprendiamo che “siamo ospiti di una tavola rotonda fuori tempo” (p. 17). Poi che: «Intrattenimento, svago, varietà, spettacolo… che nome prende adesso ciò che prima era conosciuto semplicemente come vita?» (p. 14). Ed infine ci rendiamo conto di una cosa: in un «traffico» (p. 15) di tal specie tutti quanti noi abbiamo bisogno di appropriarci dei «nostri ruoli per non rischiare di perdere le minuscole certezze che creano l’abitudine di esistere “qui e ora”» (p. 13).
Un siffatto universo di transiti, che si declina in svago generalizzato, genera degli squilibri identitari. E conseguentemente, una ricerca di “ruoli” da intraprendere. Ma che tipo di ruoli saranno questi? Altri ruoli di gioco o, forse, altri giochi di ruolo? «Il soggetto del gioco- scriveva Hans Georg Gadamer in Verità e metodo (Bompiani, 2000) - non sono i giocatori, ma è il gioco che si produce attraverso i giocatori» (p. 229). Ed infatti: «ogni giocare è un esser-giocato» (cit., p. 237). Ora, come detto sopra, la Fornaciari usa i termini “intrattenimento, svago, varietà, spettacolo” per descrivere il mondo che ha davanti. Ma questi termini, per definizione, fanno tutti capo ad un’unica realtà: quella del teatro. Ovvero fanno riferimento a quella “teatralizzazione dell’esistenza” sulla quale sono impegnati a discutere, ormai da diversi anni, moltissimi analisti sociali che si occupano della contemporaneità. Teatro, dunque. Ma, ancora per Gadamer, nel teatro i giocatori «non fanno la loro parte come in qualunque altro gioco; essi, piuttosto, recitano i loro ruoli, li rappresentano per lo spettatore» (cit., p. 243). Dunque, in questo onniavvolgente gioco ciascuno è alla ricerca di un ruolo da recitare davanti ad uno spettatore qualsiasi; davanti ad una claque (che, comunque, ci sarà). Con queste sue “emozioni a penna”, la Fornaciari coglie così uno degli aspetti più rilevanti e controversi della nostra modernità. E lo fa con un metro che misura eventi segmentati ed effimeri. Non pronunciando alcun giudizio estetico o morale. Non sbandierando simboli d’avanguardia rivoluzionaria. Ma nemmeno pronunciando un qualche incondizionato assenso verso questo “grande gioco” (Peter Hopkirk, Adelphi, 1990) che si sta giocando davanti ai suoi come ai nostri occhi. Semplicemente, lo fa prendendo atto della circostanza. Ed alla fine ci consegna in questo modo un libro riuscito ma anche impietoso. Infatti, se è vero che l’autrice afferma che «nessuno è colpevole» (p. 62) in un mondo del genere, è altresì vero che subito dopo lei stessa aggiunge: «E chi lo dice? Io non ci ho mai creduto» (p. 62). Ma, naturalmente, anche questo sarà solo un altro transito verso qualche altra scoperta.
Per la verità, c’è da dire che la Fornaciari questo non lo afferma mai esplicitamente nel suo libro. Ma noi ci ricordiamo bene che questo è un mondo nel quale «poi succede qualcosa» (p. 62).
Gianfranco Cordì
A volte i libri stampati da piccoli editori non hanno una distribuzione che raggiunge tutte le librerie. Chi fosse interessato al libro può scrivere direttamente all'autrice. L'indirizzo è: Giada Fornaciari- Viale Della Libertà, 36/b - 89100- Reggio Calabria. (ndr)