Il 3 novembre 2009 a Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il governo italiano dovrà versare alla donna che chiedeva l’abolizione del crocifisso dalle scuole italiane, un risarcimento di 5.000 euro per danni morali.
I danni morali subiti da signora e figli sembrerebbero, stando alla stampa, ben poca cosa di fronte a quelli subiti dal sensibile animo del senatùr di fronte alla per lui insopportabile visione del tricolore, spesso assai più esposto del crocifisso. Specialmente nei giorni festivi o con match calcistici della nostra nazionale, magari anche ventosi, quel dispiegarsi maestoso e ondulato di tante bandiere, richiama ancor più l’attenzione, rispetto alla fissità di un crocifisso.
Sulla reazione alla visione del nostro tricolore, Bossi si è espresso con grande chiarezza e con la consueta signorile eleganza:
«Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo».
Che logica, l’illuminato e illustre Umberto! Avesse detto “Mi giro dall’altra parte…”. Invece con quel uso che immagino sarà di tutta la famiglia, casa sua sarà tutto un tripudio di tricolori “usa e getta”. A meno che, per risparmiare, non li mettano in lavatrice.
A Venezia, vedendo una signora che, simpaticamente provocatoria, coraggiosa e patriottica, glielo esponeva di fronte, le urlò con la sua voce arrochita, da pescivendolo ormai quasi afono, la sua “fissa”: «Il tricolore lo metta al cesso!». E, sempre sul tricolore, forse non tutti ricordano questa nuova originale variante coprina: «Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore».
Come si fa a restare insensibili di fronte a un senatore che, insieme a tutta la famiglia, rischia l’equilibrio psico-fisico per via della sordità e cecità di una società liberticida, di fronte al suo dramma? Dopo aver sentito che daranno 5.000 euro di risarcimento per indennizzo da visione del crocifisso che, rimosso, porrebbe fine alle tribolazioni di figli e signora, non riesco a immaginare che razza di risarcimento possa essere congruo, per i danni morali e fisici, subiti dal senatur e famiglia, per indennizzo da visione dei tricolori che neanche saranno rimossi. Per Bossi & C. ci vorrebbe un vitalizio. E non dimentichiamo il danno scolastico con conseguente scarso rendimento agli esami di suo figlio, respinto per la terza volta all’esame di maturità. Figlio additato come delfino, definizione che però il senatùr, per modestia, ridimensiona. Dice che per ora, al massimo, è una trota. Sarà, ma a me, più che delfino o trota, sembra identico al padre: un somaro. Non a caso insignito dell’Asino d’Oro alla carriera, nel 2008.
Colgo l’occasione per segnalare altri due casi in cui è estendibile la legittima richiesta di risarcimento per danni.
Risarcimento danni ad Andrea Frova, fisico, musicofilo e musicologo, per shock da musica dodecafonica. E a tutti quelli con la sua sensibilità musicale.
Andrea Frova, fisico noto anche per i suoi ottimi scritti divulgativi e per la sua competenza e passione per la musica, dopo tanto ascoltare e riascoltare opere dodecafoniche con la speranza di trovarne di gradevoli da apprezzare, è stato costretto ad ammettere: «La musica dodecafonica sembra essere scritta con l’imperativo di… non piacere mai» (Armonia celeste e dodecafonia. Musica e scienza attraverso i secoli. BUR 2006).
Ora è vero che uno sceglie i concerti a cui andare ed è vero che bisogna aspettare di sentirli fino in fondo per dire “Questa composizione è fredda”, “Non comunica alcunché”, “È senza capo né coda.”, “È rumore inascoltabile, una vera schifezza”. A differenza di una bandiera che uno se la vede comparire all’improvviso, lo strazio nel sentir musica è diluito nel tempo. Ma lo strazio e lo shock, diluiti nel tempo, e repressi per educazione durante l’ascolto, possono fare ancora più male, al fegato e al sistema nervoso. Inoltre allo shock da crocifisso ci si può abituare, perché si trova spesso in giro. Uno può stare in guardia quando entra in locali pubblici pericolosi o guardare altrove se si sta a scuola. Ma di fronte a una musica nuova che rimane orripilante fino al termine, si è impreparati e il rischio del danno, davvero imprevedibile.
Risarcimento danni a Marco Cipollini, letterato e poeta, per shock da quadri e da poesie.
E a tutti quelli con la sua sensibilità.
Questo poeta dal verso colto, limpido e vellutato, ha scritto, a pagina 7 del Trattatello rivoltoso de l’uomo di Fucecchio ossia Marco Cipollini poeta esule all’età sua (Quaderni di erba d’arno, 2007 – Un estratto lo trovate anche in Tf > 'Lo scaffale di Tellus' > 29/11/2007, ndr):
«Tutti oggi vociferano sottovoce dello stato putrescente dell’arte, ma nessuno esce allo scoperto. Chi non testimonia la sua verità per timore di dispiacere all’amico o al vicino di casa, non è persona onesta. Les Demoiselles d’Avignon è il quadro più orrendo (non brutto, orrendo) dell’arte occidentale; e si vedano al riguardo le proteste indignate del fior fiore degli artisti e degli intellettuali coevi, in primis Matisse. Finché ai giorni nostri siamo giunti alla nullificazione dell’idiozia pura. La colpa più esecrabile del critico d’arte è di promuovere, spesso per mero lenocinio, un conformismo onnicomprensivo che ha finito per accettare tutto, tutto giustificando in nome del soggettivismo idealistico e dell’estetica pura, il cui connubio depravato negli ultimi due secoli ha distrutto le basi spirituali di una civiltà. Chi non si rende conto di tale catastrofe antropologica, galleggia in un colorato vuoto mentale, per non dire morale».
Vogliamo confrontare questa prosa da shock pittorico, con ciò che ha detto la signora italo-finlandese sullo shock da crocifisso? Nasconderà sempre ai suoi figli l’esistenza della croce, della somma e della moltiplicazione, della ghigliottina, della forca, della sedia elettrica e del loro uso? E non li farà mai entrare, immagino, in una macelleria. Quindi, Cipollini ha diritto a un ben più congruo risarcimento per danni morali e fisici. Immaginate la sua rabbia allo stato puro, di fronte a quel orripilante quadro e alle chiacchiere, ancora più irritanti, dei critici che spiegano significato, bellezza e genialità a chi, poverino, non è in grado di capire? Quanta fatica, anche per lui, nel rendere civile il suo sfogo! Vogliamo tenerne conto nel quantificare l’indennizzo? Altro che 5.000 euro! Uno potrebbe obiettare “Ma il quadro di Picasso non è esposto nelle aule scolastiche…”. D’accordo. Ma ce lo ritroviamo all’improvviso sui libri di storia dell’arte, mentre il crocifisso uno se l’aspetta e può prepararsi a salutarlo, riverirlo genuflettendosi, a bestemmiare o a rivolgere lo sguardo altrove!
A Cipollini un risarcimento concreto. Al suo precursore, il sintetico e scurrile Fantozzi della famosa corazzata, un grosso risarcimento ideale.
Potrei segnalare tanti altri casi. Preferisco invece generalizzare l’uso che potrebbe derivare dalla concessione di un risarcimento in denaro per esposizione pubblica di qualche cosa che ripugna noi e in particolare, i nostri piccoli. Intanto comincerei col vietare di esporre il proprio decadimento fisico in pubblico. Buddha rimase sconvolto quando vide per la prima volta un vecchio. Chiese: “Di che razza è quel poveretto? Non dipende dalla razza? Allora, che malattia ha?” Ne restò segnato per tutta la vita. Tante mammette sensibili con figli sensibilissimi, potrebbero fare un pensierino allo shock storico subito da Buddha. Quindi, solo i giovani, belli, nudi o in costume, in spiaggia! Ma poi i brutti, subirebbero uno shock traumatizzante nel vedere quelle bellezze, e allora, dai, coi risarcimenti a brutti e belli per shock reciproci!
Insomma, propongo indennizzi per danni morali da shock visivi, acustici e, perché no?, anche olfattivi (governo, bar, autostrade e ristoranti ladri!, quanto puzzano certi cessi pozzangherosi!). Il criterio, messo in mano ai nostri insuperabili avvocati, potrebbe procurare indennizzi o vitalizi a tutti gl’italiani o quasi, data la loro bravura nel “piagnere”. Si contribuirebbe così, in modo determinante, ad affossare definitivamente la nostra economia, in particolare la nostra organizzazione politica, portata come primo esempio di buco nero in un congresso di fisici e astrofisici, già 40 anni fa. Motivo? La caratteristica in comune con i buchi neri, dove tutto può entrare e nulla può uscirne, compresa la luce. La nostra organizzazione politica ingurgita tutto: finanziamenti pubblici, privati e, ancora, tangenti, mazzette di tutti i colori. Cosa restituisce?
Per non essere esagerati e faziosi, non possiamo far nostra la definizione di buco nero. Certo, la quantità di denaro ingurgitato è impressionante. Il prodotto (cambio continuo di sigle, programmi, previsioni, spostamenti da destra a sinistra e viceversa, eliminazione del trattino o sua reintroduzione nel centro-sinistra o sinistra-centro, giri di valzer o ballo della mattonella al centro e soprattutto al centro del centro, risse tra tutti gli addetti ai lavori, interrotte solo da aumenti stipendiali passati quasi sempre all’unanimità) è tutto prodotto che resta all’interno del buco.
Ma qualche risultato, negli ultimi 40 anni, è venuto fuori. Non tento di elencarne qualcuno per non far polemiche con destra, sinistra e centro, e centro del centro. Dico solo che non si può parlare, a rigore, di buco nero. La definizione esatta è: quasi buco nero evolvente verso il buco nero.
Il suddetto concetto, se non con la definizione scientifica qui ricordata, è noto nell’ambiente politico e finito in barzelletta.
Infatti, il politico siciliano Cuffaro, in un simpatico spot di alcuni anni fa, disse, con tanto di coppola mafiosa in testa, a un “compare”, pure lui con coppola:
– Cumpa’, un’idea giniali mi vinni. Per risolvere i problemi secolari della Sicilia, lo sai che facciamo? Dichiariamo guerra all’America. Così quelli, dopo aver vinto, penseranno loro a ricostruire e a risolvere ogni problema nostro.
Il compare, dopo un sorrisetto speranzoso, divenne subito serio e obiettò:
– Già… ma se poi vinciamo noi?
– Se poi vinciamo noi… mandiamo a picco pure l’America… – concluse sconsolato Cuffaro.
Paolo Diodati