Le notizie che non fanno notizia, oggi possono cominciare con un tentato suicidio nel carcere di Vicenza. Un giovane di Bassano del Grappa, arrestato per un reato legato a motivi di droga – così si legge nel verbale – ha tentato il suicidio all’interno del carcere di Vicenza. Ha preso un lenzuolo, ne ha fatto una corda e ha cercato di impiccarsi. Non è finita in tragedia solo perché alcuni agenti della polizia penitenziaria sono riusciti a salvarlo.
La conferma, ennesima di una situazione al collasso. L’articolo 27 della Costituzione prescrive che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, e devono tendere alla rieducazione del condannato». Esattamente l’opposto di quello che accade. Una situazione – se possibile ancora più grave – quella in cui versano gli ospedali psichiatrici giudiziari. Sono sei in tutto: Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Castiglione delle Siviere. Complessivamente la capienza tollerata dei sei istituti è di 955 detenuti, ce ne sono stipati quasi il doppio: 1673. I magistrati di sorveglianza, ascoltati qualche mese fa dal Consiglio superiore della magistratura hanno detto di essere seduti su una polveriera: sovraffollamento, carente assistenza sanitaria e psichiatrica agli internati. L’ultimo rapporto di Antigone fa sapere che negli Ospedali psichiatrici giudiziari il personale medico, infermieristico e civile è insufficiente per garantire anche un’assistenza ordinaria, figuriamoci un’assistenza psichiatrica di qualità. I detenuti sono costretti quasi ovunque a vivere in spazi angusti, in condizioni di degrado e sporcizia; mancano le risorse per garantire livelli decenti di igiene e il trasferimento di competenze in materia sanitaria alle Regioni non ha agevolato le procedure, al contrario, le ha complicate.
Ieri si era accennato alle tante zone d’ombra attorno al colossale affare del vaccino H1N1, i costi – stiamo parlando di centinaia di milioni di euro, di cui hanno beneficiato le case farmaceutiche, milioni di dosi inutilizzate. Da tempo Maria Antonietta Farina Coscioni ha presentato numerose interrogazioni chiedendo che sia fatta chiarezza sui termini del contratto stipulato con la ditta Novartis; per inciso: fino a poco fa titolare della Salute era il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, marito della direttrice generale di Farmaindustria; se si tiene conto che il ministero della Salute stabilisce, attraverso l’Agenzia italiana del Farmaco, l’AIFA, i prezzi dei farmaci, quali farmaci ritirare dal commercio, e per restare all’attualità, se rendere obbligatorio il vaccino contro il virus dell’A-H1N1, e per quali fasce, ce n’è abbastanza per ravvisare un clamoroso conflitto di interessi.
I radicali non sono più soli nella richiesta di chiarezza. L’ex ministro della Sanità Livia Turco, presidente della delegazione PD in Commissione Affari Sociali ha formalmente chiesto che il ministro Fazio riferisca sull’intera vicenda; e analoga richiesta viene da Silvana Mura, dell’Italia dei valori.
Intanto il ministero sta cercando di correre ai ripari, e sta rinegoziando il contratto con la Novartis: dieci milioni di dosi di vaccino pandemico in meno rispetto ai 24 milioni acquistati ad agosto; si pensa di riconvertire in altri prodotti il valore della fornitura eccedente, pari a cica 77 milioni di euro.
L’operazione che si vuole negoziare è più o meno questa. delle dosi totali acquisite da Novartis al prezzo di 184,8 milioni di euro, il governo punta a mantenere “in casa” soltanto i quasi 11 milioni già consegnati alle regioni. Altri tre milioni di dosi saranno donati ai paesi poveri, qualcosa in più del 10% promesso dall'inizio. Addio invece ai 10 milioni restanti: la fornitura dovrebbe essere sostituita da altri prodotti, a partire dai vaccini antinfluenzali stagionali.
Fantastico davvero; e non è detto che il prossimo futuro non ci riservi altre sorprese.
Ad ogni modo l’iniziativa e la vigilanza radicale non mancheranno.
Questa la situazione, questi i fatti.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 19 gennaio 2010)