Caro Gianni,
devo ammettere di meritare, ma solo in parte, la sua lavata di capo. Fatta però con uno shampo adeguato, a giusto pH.
Prima di rispondere, in particolare a Marco e Mario, come lei chiede, le assicuro d’aver letto i loro scritti con la dovuta attenzione. Lo dimostra anche l’articolo “Il gioco continua…” in cui mi soffermai sull’intervento di Marco, insegnante di filosofia.
Credo sarebbe di dubbio gusto e noioso, spiegare perché e per come il Gioco proposto si sia prima inceppato e poi bloccato per un lungo periodo.
Ciò premesso, ecco alcune risposte.
– Ad Elena Varchi che parlò di massaie scafate che per fortuna ascoltano ben altre musiche che quelle di Battisti: c’è un tempo per tutte le musiche, se la si ama. O anche con i bambini ascolta Wagner, Bach, Beethoven, Vivaldi, Pergolesi ecc.? C’è un tempo, ne converrà, anche per quella leggera. Mi segnali, allora, qualche autore di musica leggera, a prescindere dai testi, che sono l’oggetto dei miei articoli, al cui cospetto Battisti meriti il suo disprezzo. Le ricordo che Battisti ebbe un riconoscimento molto particolare, significativo e lusinghiero dagli americani: innovatore della musica leggera.
– A Teresa che contesta il mio approccio “scientifico”, mi ricorda che qualsiasi opinione deve essere rispettata e tira in ballo i cinepanettoni. Ho chiesto lumi a quanti dicono d’aver capito i contenuti di testi che non riuscivo a capire e continuo a non capire. Mi sono appellato ad amatori e letterati, molti dei quali insegnanti di lettere nei licei o all’Università. Se non fossi stato disposto a rispettare le loro opinioni, non avrei neanche cominciato. Sono stato mosso da autentica curiosità, e l’ho anche scritto. Sono felice della varietà dei gusti. È una fortuna anche per gli artisti. Se uno mi confessa che è incantato dalle parole di Panella, lo rispetto come rispetto uno che mi dice d’essere innamorato pazzo di una che a me sembra brutta. Se mi si dice che Frankenstein è affascinante, intricante e preferibile ai troppo tradizionali Bova, Scamarcio, Delon, Clooney, ecc. sono contento per le speranze lasciate a chi è ritenuto brutto. In quanto alla contestazione del metodo “scientifico”, le faccio notare, Teresa, che ora esistono i Dipartimenti di Scienze Filosofiche, Scienze Linguistiche, Scienze Linguistico-Letterarie romanze e slave e i Dipartimenti di Scienze della Comunicazione. Gli esperti a cui affidare uno studio più serio e approfondito del nostro tema, li troveremmo, di sicuro, nei Dipartimenti di Scienze della Comunicazione. Perché non dimentichiamo che un testo, bello o brutto che possa essere giudicato, deve comunicare qualche cosa che non sia totalmente aleatorio (cioè ognuno capisce a modo suo e, come è stato scritto nei commenti, ma anche da alcuni discografici per incoraggiare gli acquisti, “ognuno capisce ad ogni ascolto cose diverse”). In tal modo si sconfina nell’equivalente letterario delle interpretazioni delle macchie d’inchiostro e delle forme delle nuvole, usate da psicologi e psichiatri.
Il problema delle vendite, o meglio, delle posizioni in classifica, come ho riportato nel grafico, che è molto più significativo. Ho segnalato quei dati e messi in un grafico in funzione del tempo, perché mostrano le dimensioni e l’inesorabile, clamorosa e inaspettata progressione del crollo. Ovviamente quei dati, da soli, potrebbero non essere collegati al valore dei testi. Ma dimostrano inequivocabilmente il rifiuto netto e progressivo delle innovazioni linguistiche, da parte della stragrande maggioranza degli estimatori di quello che era un mito. Se vuole tirare in ballo i cinepanettoni, io vado avanti così: film leggeri e d’evasione per un pubblico sicuro, badi bene, non composto esclusivamente da persone incolte, superficiali e poco esigenti. Io non vado a vederli, ma c’è chi vuole liberarsi, con 4 risate facili, dal grigiore e dalle preoccupazioni quotidiane. Se De Sica rinunciando alle risate facili e puntando a film alla Antonioni, inanellasse 4 flop consecutivi, com’è capitato al Nostro, e venisse abbandonato dalla quasi totalità del suo pubblico, si potrebbe dire che gl’impegnati-intelligenti erano una sparuta minoranza. D’accordo: ma perché non ha trovato seguito negli spettatori più esigenti, che prima lo evitavano? Risposta inevitabile che sarebbe costretta a dare: poiché la massa è in prevalenza incolta, superficiale e poco esigente. Conclusione che non condivido prima di tutto perché ci sono troppe persone colte anche dal punto di vista musicale che stroncano i testi di Panella e poi perché Battisti si impose inizialmente proprio perché era di rottura, per musica e anche testi, col mondo contestato da Tenco (Binario, Io tu e le rose). Infine, l’impostazione scientifica che lei rifiuta, porta a estrapolare l’andamento degli incassi e le fa calcolare quando il produttore sarebbe andato in perdita. È quanto è capitato a Battisti, che tutto voleva, tranne che fare dei flop, quando metteva in collegamento diretto la sua anima, col mondo esterno. Lei afferma anche che “nessuno è riuscito a dimostrare che i testi di Panella non sono di ottima fattura”. Siamo al punto di partenza. Dividiamoci, come in politica, in maggioranza e opposizione. La maggioranza ritiene che un testo che la maggioranza non capisce, non sia di ottima fattura. Ho segnalato testi e periodi in particolare, chiedendo inutilmente spiegazioni.
Allora, e qui spero di finirla, le cose sono due. O Teresa e Luca mi spiegate il significato dei rebus proposti (presenti in “Equivoci amici” e “Per nome”) o io giudico quelle parole dei bei suoni, al pari di bei vocalizzi. Lasciando in pace, per ora Hegel. Spiegare significa non prendere brandelli di parole, sparse qua e là, con un senso, ma esprimere quello che lo stesso Panella derideva come “messaggio” della canzone. È la totale assenza di segnalazioni del “messaggio”, che porta alla diagnosi sulla tecnica costruttiva usata da Panella.
– A Roberto dell’Ava: faccio mie le parole di Savina Martinucci e Simone. Ai posteri la sentenza. Le nuove generazioni, intanto, hanno dato il loro verdetto. Di mio aggiungo che anche l’ultimo album, Hegel, che sembrerebbe darle ragione sulla vena creativa di Battisti ormai esaurita, contiene un gioiello musicale assoluto, per freschezza inventiva, varietà tematiche, ritmica e arrangiamento. Il tutto, purtroppo sempre secondo la maggioranza, deturpato dal testo con le solite banalità di frasi-ossimori, portate ossessivamente alle estreme conseguenze. L’ho ricordato altre volte: “La voce del viso”. Anche per questa splendida musica c’è un testo alternativo La voce dei nostri, che solo con la forza delle parole e dei concetti espressi, ha fatto tanta strada, da essere citato in diversi siti. Perfino uno sulla giornata in difesa della lingua materna, essendo un canto in difesa delle lingue, come l’italiano, che rischiano di morire. Non mi risulta che qualche testo del Battisti-Panella sia citato da qualche parte per il suo contenuto. Se sbaglio, segnalatemelo. È noto che i testi di Mogol sono stati oggetto di tesi di laurea, conferenze e lezioni in università anche straniere. Mi si segnali anche una sola iniziativa simile (decisamente culturale) per un testo del Battisti-Panella. Le ricordo infine, caro dell’Ava, che parlare del problema sollevato da Battisti-Panella non significa fare esercizi di retorica. Il problema, ho ricordato altre volte, è di notevole interesse anche per gli studiosi dell’alchimia per ottenere le canzoni che piacciono. Ha risvolti economici, altro che retorica.
– E veniamo, infine a Marco, Mario e alle mancate risposte puntuali.
Era inevitabile che l’ipotesi Hegel venisse formulata e anche difesa. È nata per il titolo dell’ultimo album e dalla canzone omonima. Oltre a Marco e Mario, sull’ipotesi Hegel è intervenuto un altro insegnante di filosofia. Due miei colleghi filosofi a cui ho sottoposto i testi, non solo si sono rifiutati d’intervenire, ma si sono letteralmente scandalizzati per quello che hanno definito “un indecente guazzabuglio di parole senza alcun senso”. Una mia sorella filosofa dopo una settimana di silenzio, m’ha bloccato per le scale, mentre uscivo con la solita fretta e non la finiva più con gl’improperi. Sono scappato urlandole: “Sei proprio diventata una Jena, leggendo Panella. Quindi hanno ragione: Hegel c’entra e come!”
L’intervento dell’altro docente di filosofia e le reazioni di altri tre filosofi dimostra ancora una volta che la caratteristica dei testi di Panella è che ognuno ci può vedere quello che vuole. Abbiamo una situazione di stallo molto simile a quella politica. La maggioranza, schiacciante, è fatta di estimatori di Battisti musicista che confessano di non capire i testi di Panella e quindi di non apprezzarli. La maggioranza è compatta. Colgo l’occasione per ringraziare la scrittrice Patrizia Garofalo, conosciuta tramite TF, dicendo che, assieme ad altri, potremmo scambiarci i ruoli. Abbiamo le stesse esigenze stilistiche, gli stessi gusti. Quello che dice la Garofalo sui testi di Panella- Battisti, potrei firmarlo a occhi chiusi
La minoranza non ha un linguaggio comune. Per un filosofo che vede riferimenti continui a Hegel, ce ne sono dieci che non ne vedono. Dando la parola a un Prodi panelliano, sarebbe sconfessato immediatamente da altri panelliani.
Provocazione operativa (interessante): proponetemi il nome di un fisico, un filosofo, un politico o altro e io vi troverò decine di riferimenti nei testi di Panella.
Provocazione scherzosa finale. Nei “versi”:
Un bacio dai bei modi grossolani
sfuggì come uno schiaffo senza mani.
Talmente precisi ci si rese conto
d'essere un allegoria soltanto quando
ci capitò di dire indicando il soffitto col naso
di dire “noi due” e ci marmorizzammo (da Hegel)
a parte la solita chiarezza sempre benvenuta, per alleggerire la giornata ai lavoratori riducendo al minimo gli sforzi intellettuali, Battisti in una delle sue musiche peggiori, più banali e scombinate, pronuncia “allegòria”. Invece che il banale e vecchio “allegorìa”.
Aggiustare la pronuncia sarebbe stato facilissimo.
Cosa volevano comunicare con quest’altra novità ritmico-fonetica?
Ai posteri la facile sentenza.
Un ringraziamento, infine, a Stefano Mattis, che ci permette di terminare con le parole, queste sì, chiarissime, di Panella:
«... Non leggo molto le critiche anche se mi sforzo ad interessarmene. I migliori critici sono di sicuro quelli che mi attaccano, chi dice che sono un poeta, è un ciarlatano, un cretino. …
… Comunque le canzoni sono canzoni, non poesie. E io non posso prendere sul serio le canzoni. Non le ascolto, non ho mai posseduto uno stereo, una radietta. Sono entrato in questo mondo solo per mantenermi lontano dagli studi.
… La canzone è una cosa stupida, nella quale tutti si affannano di trovare un messaggio, con le stupidaggini della canzone “impegnata”. Il difetto della canzone è quello di avere un senso. Quando sarà insensata sarà vera. Sarà poesia.
… Io non ho fatto nessuna rivoluzione, se la sono inventata critici e pubblico, come sempre accade. Tanti anni fa, a teatro, facevo quella che si chiamava sperimentazione. Non mi meravigliava tanto l'assurdità delle cose che facevamo, ma che esistesse un pubblico numeroso che se ne interessava. Così, se io alla fine gioco con le parole e questo gioco diventa canzone... non prendetevela con me o col cantante, ma con i critici e l'ascoltatore!»
Mi spiace ma, tornando alla politica, abbiamo una situazione simile a quando le Brigate Rosse scrivevano in tutti i modi d’essere rosse. Ma la quasi totalità dei politici continuava a chiamarle le “sedicenti Brigate Rosse”. Apparentemente rosse, ma in realtà, nere.
Panella, intelligente e serio quando non scriveva per Battisti, e Battisti stesso, ce l’hanno detto e dimostrato in tutti i modi, quello che volevano fare e facevano: canzoni senza senso. Ma c’è ancora chi si ostina a definirle apparentemente senza senso, ma in realtà sensate e bellissime.
Paolo Diodati