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Claudia Calabrese. Risposta al prof. Israel e al sig. Marinelli
15 Gennaio 2010
 

 

Nel blog del prof. Giorgio Israel (foto) di cui vi mando la url si è aperta una polemica sulla scuola di oggi. Ho scritto sia al prof. sia al sig. Marinelli. Ma non hanno pubblicato il mio post.

Trattandosi di un autorevole collaboratore del ministro Gelmini, credo sia utile diffondere. Grazie

Claudia Calabrese

 

 

Che dire del commento di Marinelli? La finezza dell’incipit mi ricorda quel passo del Manzoni in cui Don Abbondio parla del coraggio: parafrasandolo mi viene da ripetere che se uno non ce l’ha la finezza, non se la può dare. Veniamo ora alla sostanza.

Indubbiamente sono molti i soggetti che sono corresponsabili del depotenziamento della scuola, di quella pubblica in particolare. Lei ne elenca alcuni: burocrati, funzionari ministeriali, pedagogisti, sindacati, sempre preceduti dall’aggettivo ‘certi’, chissà perché, facendo intendere che lei sa bene chi sono e perché è un gentiluomo non lo dice, ma curiosamente lascia sullo sfondo il potere politico e istituzionale che, in una democrazia come la nostra, si deve assumere la responsabilità di fronte a tutti i cittadini delle decisioni che solo lui può e deve prendere. Lei i politici (ovviamente solo ‘certi’, non tutti, scrive ammiccando con aria saputa) li chiama ‘collaborazionisti dello smantellamento’. Caspita! Passavano per caso nei pressi della Scuola e, per occupare il tempo, hanno soltanto dato un calcio all’asino che affogava.

Perché non dice che i provvedimenti di questo ultimo governo sono alla fine stati esiziali per tutta la Scuola pubblica ed hanno aggravato notevolmente le condizioni materiali ed il disagio di tutti i soggetti in campo, in particolare degli insegnanti e degli studenti, oltre a distruggere, annullare una gran quantità di risorse umane già in condizioni precarie, quindi intelligenze, esperienze, culture? L’impennata dei dati di quest’anno riguardante la morbilità degli insegnanti (conseguente forse all’eccessiva mobilità ed a fattori che accentuano l’umiliazione del loro ruolo) non dice nulla alle menti illuminate di chi ha in mano le redini dell’istruzione, o la battaglia contro il relativismo culturale ha assorbito tutte le energie intellettuali? Le pagine dei giornali locali sono diventate una sorta di bollettino di guerra e testimoniano quotidianamente delle difficoltà incontrate ovunque dalla Scuola. Li legge lei tra un commento e l’altro del blog? Anche lei infine, mascherando un evidente rancore nei confronti di una cultura della sinistra ridotta a pura caricatura, che mi sembra evidenzi, ma potrei sbagliarmi, un inconfessabile complesso di inferiorità, se la prende con la cultura del ’68 e dintorni, riecheggiando dichiarazioni già fatte dal ministro Gelmini con la consueta leggerezza che maschera, questa sì, una visione ideologica non solo della Scuola, ma della Società nel suo insieme e un’interpretazione costantemente propagandistica del proprio ruolo. Sono dichiarazioni che alludono a una condizione ottimale della Scuola pre ’68 che sta solo nella testa di chi le fa, che spesso è percorsa, senza alcuna resistenza che abbia la dignità di un pensiero organizzato, da pulsioni francamente, e forse inconsapevolmente, reazionarie.

È evidente a tutti coloro che non hanno i paraocchi che c’è un rapporto stretto e pluridirezionale tra Scuola e Società. Io, rispondendo al prof. Israel, avevo inutilmente scritto di un mutamento abbastanza radicale dei ruoli genitoriali e dell’importanza enorme che via via negli anni, nel bene e nel male, hanno assunto i media nei processi formativi. Potrei anche continuare accennando ai mutamenti dei sistemi produttivi, degli stili di vita, delle modalità di consumo, ai mutati ruoli della politica e delle organizzazioni sindacali che hanno perso ‘visione’ e capacità di progettare il futuro, ecc., ma il discorso ci porterebbe troppo lontano per un blog e su questi punti né lei né il prof. Israel avete dato segni di vita. Solo strane difese d’ufficio.

Sta di fatto che tutti questi processi hanno concorso a mettere in crisi il ruolo docente e a svalorizzare agli occhi di tutta la Società la funzione degli insegnanti, al punto che la retorica intorno alla loro ‘missione educativa’ ha assunto toni grotteschi e a volte persino offensivi. Anche le retribuzioni sono testimonianza di questa perdita.


Infine qualche breve considerazione sulla risposta del prof. Israel. Mi dispiace che se la sia presa personalmente, ma quando si cura un blog bisogna aspettarsi anche qualche polemica. Del resto io ho solo risposto ad un commento e non ero tenuta ad approfondire la sua opera omnia e la conoscenza della sua biografia.

Non ho mai negato la presenza, anche all’interno della Scuola, di un pensiero che ha una sua dignità e che per brevità chiamo anch’io ‘relativismo culturale’. Ho criticato che se ne faccia, certo per comodità polemica, un fantoccio ed ho azzardato (eh si, è proprio un azzardo) l’ipotesi che abbia fatto il suo tempo, dato che, soprattutto nel mondo anglosassone, gli stessi relativisti di un tempo ne stanno conducendo una revisione critica. Lei dice che da trent’anni si batte contro la distruzione della Scuola pubblica e non ho letto una parola di critica contro le decisioni dell’attuale governo. Evidentemente la pensiamo diversamente sui processi in atto e sulle terapie da adottare; anche se usiamo le stesse parole quando parliamo di distruzione e di costruzione intendiamo cose diverse. Ma non si tratta solo di una questione epistemologica. Lei non è un semplice insegnante come me, ha delle responsabilità. È coordinatore di una commissione ministeriale e quindi le sue idee sulle decisioni da prendere hanno molto più peso di quelle di un qualsiasi insegnante ed hanno la possibilità di essere sperimentate sul campo. Il Ministero, insieme al Governo, ha preso nei mesi scorsi provvedimenti che per me aggravano notevolmente la condizione della Scuola pubblica e ne accelerano il processo di distruzione. Né dal primo commento, né dalla risposta che mi ha dato, tutta difensiva e tesa a mettere al sicuro un’immagine di sé, ho capito la sua posizione nel merito.

Lei dice che ha ben presente la realtà effettiva ed io sono disposta a crederle. Mi auguro, visto che oggi non sta con l’opposizione, che si batta in positivo per cambiarla. Ma continuo a temere che non lavoriamo per le stesse cause.


Claudia Calabrese


 
 
 
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